O viceversa? La verità, si sa, non ha patenti. Ma la professionalità sì. Perchè allora da anni i blog conducono una guerra strisciante e unilaterale contro la stampa? Per puro spirito libertario o talvolta c’è dietro una doppia morale?

E’ in corso da anni, nella rete, una sorta di guerra strisciante e unilaterale tra blogger e giornalisti. Una guerra (lo pseudo-Omero l’avrebbe chiamata una batracomiomachia, cioè tra le rane e i topi, o forse solo una guerra tra poveri) in cui i primi attaccano e vilipendono i secondi (definiti con grande originalità una “casta”). Ritenendosi i blogger, nel nome del malinteso quanto illusorio concetto di “libertà trasversale” suggerito dal web, depositari del verbo e autentici portavoce di una “verità” che i giornalisti tacerebbero in virtù del loro stato di corrotti per default.
Ora, nella cosiddetta blogosfera, cioè nel mondo di chi gestisce un blog, c’è di tutto: ciarlatani e persone serie, docenti universitari e professionisti dell’informazione, giovani idealisti e elettrauto con fregole da opinionista. Un caos nel quale, fatalmente, l’approssimazione impera. Ma questo fa parte del gioco.
Il problema è che qualcuno si prende sul serio.
Sia chiaro: come ben sa chi frequenta Alta Fedeltà (basta compulsare la sezione “Scrivere per mestiere” per verificarlo), non sono affatto tenero con la categoria dei giornalisti. Lo sono talmente poco da essere inviso a buona parte dell’establishment. Ma non si può fare di ogni erba un fascio.
Tra gli argomenti preferiti dai blogger per attaccare i giornalisti – categoria, chissà perché, da molti di loro considerata “rivale” sebbene questa rivalità non sia mai stata dichiarata, né il guanto di sfida accettato – ci sono ad esempio, oltre a quello risaputo della “casta”, anche la presunta inutilità dell’ordine dei giornalisti e i “privilegi” (virgolette d’obbligo) riservati ai suoi iscritti. Privilegi che, agli occhi dei blogger, si concentrano in quell’odioso simbolo che è il “tesserino”. Ovvero il documento che, a norma di legge, consente ai giornalisti e impedisce agli altri di fare dell’informazione propriamente detta.
Idealismo? Ingenuità? Invidia? Ignoranza? Complesso di inferiorità (o, a leggere da quello che scrivono, di superiorità)? Mistero. O, come sospetto, c’è di più ma non si può dire? E in quell’ambiente impera anche un tacito, opportunistico fintotontismo?
Quel che è certo è che la maggioranza dei “combattenti” non sa di cosa parla, ragiona per luoghi comuni e pertanto argomenta con delle banalità cosmiche (e comiche), procedendo nei confronti del “nemico” con un rancore personale del tutto ingiustificato e francamente un po’ ridicolo. Immaginano per la stampa un mondo dorato che non esiste e che, se non usassero certi toni, farebbe sorridere.
Ne ho avuta la riprova ieri, quando per caso ho lasciato un commento a difesa della categoria a margine dell’intervista rilasciata su Intravino (qui) dal blogger-sommelier Andrea Gori a proposito dei corsi propedeutici, che lui (saggiamente: segno che qualche dubbio e qualche aspirazione gli sono venuti) frequenta, organizzati dall’OdG della Toscana per chi aspira all’iscrizione nell’elenco pubblicisti dell’albo professionale.
Insulti e chiose anonime a parte, ho ricevuto alcune risposte sconcertanti da interlocutori improbabili. Non tutti e non da tutti, è ovvio. Ma da tanti. Mi è stata annunciata con toni apodittici e beffardi la fine imminente della professione (a vantaggio, va da sé, del blogghismo), l’inutilità della categoria dei giornalisti e quindi mia personale, l’invito a fare del “tesserino” usi impropri ed altre amenità simili, nonché accuse di corruzione, di servilismo verso l’immancabile grande capitale e di un “corporativismo” che, a giudicare dalla compattezza del sentire dei miei interlocutori, mi è invece parso molto più loro che mio.
Curioso, perché se c’è una categoria eterogenea, ondivaga per definizione e portatrice di interessi configgenti è proprio quella dei blogger.
Non a caso, nessuno di questi pasionarii ha saputo o voluto rispondere a qualche semplice domanda, posta già mille volte in passato (ad esempio qui):
– se un blogger ha il pallino dell’informazione, perché non fa il giornalista e cioè si iscrive all’Ordine?
– di quale trasparenza vagheggiano quando, proprio in virtù dell’area professionalmente grigia in cui si collocano, tra loro imperversano conflitti di interesse eclatanti (ad esempio commercianti e consulenti che in rete si trasformano in critici dei prodotti che vendono e su cui danno consulenze, o spesso tutte e due le cose insieme)?
– Perché pretendono di esercitare senza regole la professione giornalistica, ma poi alzano muraglie protezionistiche (tipo certi blogger-vignaioli che vogliono scrivere di vino da giornalisti, ma non permettono a chi sta fuori dalla zona di produrre vino) contro chi invoca la stessa libertà per fare concorrenza alle loro attività private?
– Soprattutto perché, consapevoli di queste contraddizioni che imperano nella loro categoria, nel comune interesse della conclamata “verità” non cominciano a fare pulizia al loro interno e a rendersi credibili?
Se qualcuno volesse rispondere, con argomenti seri e toni civili, questo blog è a disposizione.
Io mi limito ad affermare di non avere inimicizie personali con nessuno, ma di trovare abbastanza insopportabile la doppia morale di certi soloni.