di FEDERICO FORMIGNANI
Sorprendente e divertente scorribanda alla scoperta dell’etimologia dei nomi dei centri minori che gravitano lungo l’asta del Po. Ce n’è per tutti i gusti.

 

Inizio obbligato da Crissolo (Cuneo) primo paese montano del grande fiume. Il nome deriva da cruceolum, diminutivo di crux (croce), posta forse a testimonianza della fede dei valligiani. Due centri della zona che fanno rima: Pancalieri e Moncalieri. Il  primo è il panicalarius locus e proviene da panicum (panìco); la zona era un tempo coltivata a panìca o biade. Il secondo è il mons Calerius, da un nome gentilizio romano, anche se l’etimologia popolare lo chiamava al contrario “monte delle quaglie”! Sempre al nome romano Tritus, nella forma diminutiva Tritino (anno 1182) deve l’origine il centro di Trino Vercellese. È la volta della città dell’oro e dei gioielli: Valenza Po, che Plinio chiama Forum Fulvii Valentinum, nome collegato a quello dell’imperatore Valente. Eccoci a Broni, nell’oltrepò pavese. Nell’anno 1047 è Brona, l’anno dopo Bruna, collegabile al fitonimo prunus (pruno). Spessa Po, un tempo, doveva essere letteralmente sepolta nel verde; lo dimostra il nome, dal latino spissa (selva) forse un fitto bosco oggi scomparso. Stradella (Pavia) è un evidente diminutivo di “strada”; nell’anno 1120 troviamo infatti il termine strictavia. Chignolo Po, fra Lambro e Po, è Cugnolum nei documenti medievali e proviene dal latino cuneŏlus (piccolo cuneo) col significato di “punta di terra tra due fiumi”.

Cambiamo regione. Zibello, in provincia di Parma, viene chiamato ecclesia de zobellis nel 1299 e deve il proprio nome alla voce latina jugum (giogo) nel traslato geografico di “passaggio”.

Colorno altro non è che “luogo a capo del Lorno”, canale confluente nel fiume Parma e quindi nel Po. Casalmaggiore, sulla sponda cremonese, è sin troppo evidente: Casale Maius nell’anno 875, diviene castro Casale Maiore nel 1012. Interessante è Boretto (Reggio Emilia). Il nome ha un’origine “disastrosa”! È dovuto al termine bisruptus, duplice rottura degli argini per la furia del fiume. Scorre il Po e si arriva a Sabbioneta (Mantova); la piccola Atene padana, resa immortale dal principe Vespasiano Gonzaga. È Sabloneta nel secolo XI e Sabioneta nel 1156. Il nome è dovuto al terreno sul quale è stata edificata: un impasto di rena e terra di origine alluvionale. Di provenienza longobarda sono i nomi delle località di Gualtieri e Guastalla, entrambe in provincia di Reggio Emilia. La prima deve il nome a Waltari  latinizzato in Gualterius nell’anno 777; la seconda al termine sempre longobardo di wardistall (posto di guardia) sul fronte bizantino; nell’anno 1318 si trasforma in plebes de Gastalia. Siamo sempre in Emilia, nella città di Zavattini: Luzzara, località che deve il proprio nome al latino lutĕus (fangoso) allusivo della vicinanza del Po; la voce italiana “lozza” (fango) lo testimonia.

San Benedetto Po, sede della celebre Abbazia, si chiamava San Benedetto Polirone: da Po e Lirone, torrente locale. Quingentole (Mantova) proviene dal numerale latino quingenti (cinquecento) con riferimento a probabili misure agrarie. Revere, sempre nel mantovano, deve il nome a una forma diminutiva ripulae (rive piccole e basse sul fiume). Ostiglia è la romana Hostilia ricordata da Plinio e Tacito, mentre Sermide, ancora lombarda ma quasi ai confini veneto-emiliani, proviene dall’etnico Sarmati, popolo arrivato al seguito dei Longobardi. Siamo nel Veneto, a Ficarolo, nome parente della voce veneta figaro (pianta del fico). Polesella è l’antica pullicella diminutiva di pullus (terreno molle); mentre Loreo e Contarina, centri del Polesine, debbono il toponimo rispettivamente al casato veneziano dei Loredani e a quello dei nobili Contarini, a loro volta tributari del germanico Gontari. Siamo nel delta del Po. In provincia di Rovigo c’è Porto Tolle, voce derivata da quella veneta tola (tavola) dal latino tabula, con chiaro riferimento ai pochi centimetri di terra emersa sul livello dell’Adriatico. Stessa sorte per la ferrarese Mesola, dal latino me(n)sula (mensa) nel senso geografico di estensione pianeggiante. La mensula era infatti una duna, un’isoletta emergente dal mare. La gita toponomastica termina con Goro e Codigoro, entrambe in provincia di Ferrara. Nell’anno 922 Goro è Gauro, così come Codigoro è Caput Gauri. La wôra longobarda era un argine per deviare le acque. Il termine successivo prelatino di gaura o gabura indicava quindi un canale, un fossato.