Conclusa la maratona enogiornalistica, ecco un primo bilancio logistico e organizzativo. La macchina va, gli interrogativi restano. Con un finale triste che non ci voleva. Domani la lista dei migliori assaggi.

 

E’ stato il finale triste – con la scomparsa, a un solo giorno di distanza, di Fabrizio Piccin e di Gianfranco Soldera – di un’edizione delle Anteprime Toscane del vino che era nata sotto ottimi auspici e si era svolta con ordine, linearità e ragionevole successo organizzativo.

Peccato davvero: ma è difficile, anche in fase di consuntivo, liberarsi di questo velo che offusca l’insieme.

Proviamoci, comunque.

 

In coda al Buy Wine, il workshop per produttori e compratori conclusosi con buoni risultati (circa 6mila incontri programmati tra 215 aziende vitivinicole toscane, selezionate tramite bando regionale, e 200 buyer di 44 paesi) la Regione Toscana aveva allestito, a Firenze, PrimAnteprima, per dare ai dieci consorzi toscani “emergenti” (Carmignano, Colline Lucchesi, Maremma Toscana, Montecarlo di Lucca, Montecucco, Orcia, Pitigliano e Sovana, Terre di Pisa, Val di Cornia e Valdarno di Sopra) l’opportunità di presentare alla stampa i propri vini. A latere, un convegno sui “numeri” del settore, coordinato dal vivace Andrea Gori.

PIU’: buona presenza di aziende e di giornalisti, molti vini interessanti assaggiati, ambiente confortevole.

MENO: inutile predisporre sale per le degustazioni alla cieca se poi il servizio è sottodimensionato e per degustare al tavolo impieghi il triplo del tempo necessario a fare il giro tra i banchi. Non buona l’idea di piazzare il convegno nel bel mezzo della mattinata e nel mezzo del padiglione, col brusio che copre gli interventi dei relatori e il via vai che fatalmente distoglie l’attenzione.

 

Chianti Lovers: un formato ormai consolidato, quello dell’evento-stampa con “coda” aperta al pubblico (4mila le presenze registrate), che riscuote anche il favore dei produttori (150, cioè +50% sul 2018, rende noto il presidente del Consorzio del Chianti, Giovanni Busi). Rinforzata l’alleanza Chianti/Morellino.

PIU’: ottimi davvero, e finalmente all’altezza, la location e il servizio per le degustazioni nella luminosa altana della Fortezza da Basso.

MENO: troppi i vini, troppe le tipologie e tutto troppo eterogeneo per consentire una messa a fuoco d’insieme, ma non è colpa di nessuno.

 

Chianti Classico Collection: alla solita Leopolda, due giorni ineccepibili sotto ogni punto di vista nel cuore della settimana vinicola toscana, con la novità presa a prestito da altri dell’apertura al pubblico durante la seconda giornata. Ha funzionato: 500 presenze in un pomeriggio feriale a 40 euro ciascuna non sono poche.

PIU’: riuscito l’esperimento, organizzativamente e logisticamente rischioso, di abolire la cena alla Leopolda e di spalmare i giornalisti tra i locali fiorentini membri della neocostituita comunità dei “Ristoranti Amici del Chianti Classico“, per un più intimo contatto conviviale tra produttori e ospiti.

MENO: la Leopolda è un ambiente splendido ma l’open space è fatalmente dispersivo, agevola le interferenze e quindi non facilita lo svolgimento in contemporanea di eventi, degustazioni, conferenze e premiazioni.

 

Per l’atteso appuntamento in Sala Dante, momento-clou dell’anteprima della Vernaccia di San Gimignano, il Consorzio ha scelto di lasciare la via del confronto con i grandi bianchi stranieri e di affidare a Leonardo Romanelli una degustazione parallela sul filo del legame tra la Vernaccia e il mare: quello pliocenico sangimignanese e quello odierno dell’Ansonica.

PIU’: l’argomento era vivace, stimolante, perfino eccentrico.

MENO: qualcuno dei presenti l’ha trovato invece un po’ capzioso.

 

Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano: destinata di solito un po’ a soffrire, schiacciata dall’incombere dell’evento montalcinese del giorno dopo, ha invece trovato una sua linearità. Merito anche della Fortezza, che dà al tutto la compattezza ideale per servizi snelli e separazione degli ambienti. Quattro stelle alla vendemmia 2018.

PIU’: sala degustazioni ottima, servizio anche, wifi efficiente

MENO: gli inviti pre-brunelliani alla stampa rubano ospiti e presenze ai produttori poliziani.

 

Benvenuto Brunello: la due giorni di Montalcino è da sempre, col Chianti Classico, l’appuntamento più gettonato, con ampia teoria circostante di eventi e di mondanità. La formula Chiostro/Teatro garantisce contiguità e separazione degli ambienti, la macchina delle degustazioni è collaudata e l’assalto mediatico ben assorbito. Atmosfera euforica, nonostante la poco convincente annata 2014, purtroppo turbata nel finale dalle notizie luttuose. Quattro stelle alla vendemmia 2018.

PIU’: il magnifico sole ci ha messo del suo, ma assorbire senza traumi l’assalto della stampa non era semplice.

Meno: meglio assaggiare a oltranza il venerdì, perchè il sabato ogni proposito d’intimità sfuma inesorabilmente tra la calca.

 

In conclusione, tutti gli interrogativi sull’opportunità, le modalità, l’utilità delle anteprime toscane restano.

La mia personale impressione è che esse, gattopardescamente, rimarranno a lungo le stesse, salvo minime messe a punto. Quello che invece, intorno, è già cambiato e parecchio, è il giornalismo vinicolo, anche se della cosa non molti paiono essersi accorti (giornalisti e produttori in egual numero). Eppure i giornali mancano, le guide stentano: l’importanza del rapporto tra media e vino rimane fondamentale, ma resta da stabilire dove stia andando e come già oggi si estrinsechi.

O forse sto dando un suggerimento gratuito per una tavola rotonda durante le anteprime 2020?