Contrododecalogo per giornalisti malavvezzi che squalificano la categoria e fanno andare in bestia gli uffici stampa (oltre che i lettori).

 

Siccome ogni promessa è debito, eccomi ad adempiere al preannunciato impegno di stendere un sicuramente incompleto dodedecalogo di stigmatizzazione dei (numerosi) malcostumi dei giornalisti.

Come per gli uffici stampa, nessuno si senta toccato personalmente perchè, purtroppo, certi comportamenti sono così diffusi che attribuirli a solo pochi colleghi sarebbe, oltre che impossibile, ridicolo. Quindi ci si cosparga il capo di cenere e si proceda.

 

  1. Io vorrei, non vorrei, ma se vai… Ci sono quelli che ritengono un atto di lesa maestà non essere invitati a qualsiasi iniziativa per giornalisti, anche se già sanno con certezza di non essere interessati e perfino di non poter in alcun caso partecipare. Ma sono convinti che l’invito sia il riconoscimento che uno conta qualcosa e hanno bisogno di rassicurazioni…
  2. I migliori amici delle bancarelle. Sono gli aficionados delle conferenze stampa di mostre, musei e cultura varia, in occasione delle quali viene distribuito, di norma, un ponderoso e costoso catalogo. Lo stesso che, appena usciti, alcuni svendono (o hanno già svenduto en primeur ma a un terzo del prezzo di copertina) alle bancarelle dell’usato piazzate davanti all’uscita.
  3. Programmi personalizzati chiedonsi. E’ ciò che pretendono certuni i quali, dopo aver aderito a viaggi o giornate stampa di gruppo, quindi con un programma fatalmente predefinito, una volta sul posto pretendono di cambiarlo a loro capriccio: lì non vado, qui non vengo, andiamo lì, andiamo là…
  4. I vu’ pubblica’. Fattispecie riguardante i rapporti tra collaboratori e redazioni. Pur di piazzare un pezzo, millantano col caposervizio di sapere tutto su un argomento che in realtà ignorano, di avere agganci potentissimi e in realtà inesistenti e di aver visitato luoghi che in realtà non hanno mai visto.
  5. Se lo dice l’agenzia… E’ l’opposto, ma perfino più penoso, del caso precedente: il giornalista ha in mano un vero scoop ma il caposervizio, siccome non ne sa nulla, stenta a dargli credito e, pressato, sottolinea: “Ma sei sicuro? Sulle agenzie non c’è…“. Della serie: giornalisti che non riescono a scoopare.
  6. Il mondo in una stanza. Sindrome tipica dei settori viaggi, esteri, politica internazionale: qualsiasi interessantissima o esclusiva notizia tu proponga, loro in quel momento sono “concentrati” su altro. Esempio: siccome tutti parlano del Kenya, le notizie sull’India non rilevano. Scuse ricorrenti: “non interessa” o “il direttore ha detto di no“.
  7. Il materiale immateriale. In una sorta di cortocircuito e di contrappasso, accade spesso che i giornalisti non leggano. Infatti bombardano poi gli uffici stampa per avere notizie già contenute nel comunicato o nella cartella stampa tosto ricevuti.
  8. Dissenterie a ciel sereno. Uno straclassico tanto banale quanto universale: i malanni diplomatici, i raffreddori moscoviti, i malesseri folgoranti che colpiscono i giornalisti appena poche ore prima, e spesso pochi minuti prima, di appuntamenti, convivi, cerimonie, partenze. Una vera disdetta professionale…
  9. Io comunico meglio di lui. Dei giornalisti che vanno alle conferenze stampa parlando male col committente del collega che ha organizzato tutto e li ha invitati, al solo fine di soffiargli l’incarico, ne vogliamo parlare?
  10. Se lei non sa chi sono io, glielo dico prima. Convinti che l’ostentazione della qualifica possa ancora impressionare qualcuno, si preannunciano ovunque nella nemmeno dissimulata speranza di non pagare, o avere lo sconto, o saltare la fila, o farla in qualche modo franca o di avere un gadget da rivendere (vedi punto 2) o da regalare all’amante.
  11. Quelli che non rispondono. E’ una categoria diffusissima e trasversale: si impermaliscono a morte se qualcuno non risponde in tre nanosecondi alle loro più trascurabili email, messaggi o telefonate, ma quando tocca a loro…spariscono per settimane. E, se glielo fai notare, si risentono pure.
  12. Help Desk Facebook. Esistono gli ordini regionali, le sedi dell’Fnsi, i siti istituzionali e i call center di Inpgi, Casagit, OdG, i commercialisti e gli avvocati ma non c’è nulla da fare: un gran numero di giornalisti chiede chiarimenti su complicatissime questioni tecnico-professionali ai laureati all’università della vita di FB. E il peggio è che dà credito alle risposte, coi risultati che abbiamo sotto gli occhi. Anzi, no: il peggio è che si offendono se qualcuno, giustamente, li prende per il culo.

(continua).