VIAGGI&PERSONAGGI, di Federico Formignani
Da Civitavecchia e Tolone su un traghetto notturno che costeggia Giglio (senza inchino!), Elba, Corsica, isole Hyeres, tra riti, incontri, pensieri e Garcia Lorca.

 

“Quando si naviga con me, non si prende mai mare…”. Chi è l’autore di così perentoria affermazione? Naturalmente colui al quale è demandato il compito di far scivolare in acque sicure non una barca a vela, un motoscafo o una pilotina, bensì una grossa nave-ferry (26.000 tonnellate) qual è la Sorrento della Grimaldi. Acque sicure, con questo comandante, anche quando il Tirreno si autoconvince di essere oceano e,  sotto la sferza dei venti, cresce e ondeggia paurosamente.
Mario Avvinto, occhiali scuri a nascondere occhi indagatori, due ciuffetti sale e pepe – uno sotto il labbro inferiore, l’altro sul mento –  sorride compiaciuto per quanto ha appena detto e mi mostra l’itinerario che  seguiremo, scorrendo l’indice sulla grande carta nautica che occupa parte della plancia di comando.

Stiamo lasciando il porto di Civitavecchia ed è un tramonto luminosissimo; quando saremo al Giglio, sarà già buio, ma la notte estiva di navigazione si preannuncia serena e bellissima. Nel viaggio verso Tolone, con un mare che in quanto a turbolenze assomiglia alle acque del Trasimeno, la Sorrento costeggerà la costa toscana passando fra l’Argentario e il Giglio, piegando poi a sinistra si infilerà fra l’Elba e Pianosa, quindi fra Capraia e la punta settentrionale della Corsica, per poi puntare decisa verso Tolone. Se il tempo dovesse invece prevedere un mare-oceano, aggiunge il comandante, il tragitto dovrebbe seguire una rotta più lunga, tenendosi in relativo contatto con l’arco disegnato dal golfo Ligure. Dipende dal clima, conclude, e ovviamente dal mare. Ma con questo nocchiero alto e asciutto, dalle napoletanissime e sapide divagazioni – comunque serio e deciso nell’impartire ordini e istruzioni quando occorre – il piacere della traversata è assicurato.

Navigazione tranquilla dunque, in una notte stellata dal clima piacevole, con le luci della costa quasi sempre a portata di vista; dalla nave lo sguardo spazia libero verso i piccoli bagliori elettrici del Lazio e della Toscana; a sinistra la massa scura del Giglio accompagna per lungo tratto l’avanzata del traghetto. Sul ponte superiore, dalla pavimentazione sintetica di un verde intenso che richiama l’idea di un prato, la brezza e il buio tengono buona compagnia. Tra un tiro e l’altro di sigaro – qui si può, non così negli altri locali della Sorrento – rifletto sulle considerazioni filosofiche del comandante, esternate poco dopo la partenza da Civitavecchia. La vita di mare è quello che è, sospira Mario Avvinto: un continuo peregrinare da un porto all’altro, un vivo desiderio di ritorno a casa che vira poi inevitabilmente verso un insopprimibile bisogno di partenza, perché è sul mare che ci si sente a proprio agio. Grande o piccolo che sia il viaggio, rappresenta l’evasione dagli angusti confini terreni e un’opportunità per coltivare con impegno i propri pensieri. Il comandante non ha dubbi: avendo a disposizione una nuova esistenza, la spenderebbe nuovamente sulle onde. Futuri obiettivi che non siano il comando di una nave? Accarezza l’idea, una volta in pensione (ma potranno i marinai adattarsi alla quiete inoperosa imposta per legge?) laurearsi in psicologia. Vorrebbe dire ufficializzare mediante un pezzo di carta il sapere per una disciplina che, giorno dopo giorno, applica concretamente nello svolgimento delle sue mansioni; pochi e chiari i concetti che ha adottato e che mette in pratica: prevenzione (giocare d’anticipo); manutenzione (conservare, uomini come cose, in buona efficienza) e spirito di corpo (indispensabile su una casa galleggiante). I tre mesi di navigazione continua – questa la conclusione – scorrono lenti all’inizio, quindi pare che volino, per non passare mai verso la fine. Così come la saudade (proprio così, alla brasiliana!) è forte quando si lascia casa, si attenua e scompare in seguito, per lasciare il posto a uno stato di intima trepidazione nei giorni che precedono il ritorno.

Mentre a sinistra si materializza la Corsica, abbandono con un certo dispiacere la sdraio del ponte superiore, ma c’è una cena che mi aspetta e con la cena l’incontro con Anna Cecco, campana di Trecase, commissario di bordo della Sorrento. Anna ha lasciato i cieli (Alitalia) perché preferiva il mare; da tre anni è con la Grimaldi sulla linea Civitavecchia-Tolone e il suo compito è quello di prendersi cura dei viaggiatori e del personale imbarcato, prevenendo per quanto possibile i capricci dei primi e le spigolosità dei secondi. La Sorrento, continua, è stata varata nel 2003 ed è un ferry che trasporta un po’ di tutto: auto (Citroen, Fiat, oltre a quelle di chi viaggia); alimentari, detersivi, materiale plastico, camion frigo; persino cavalli da corsa! Anna definisce la nave una piccola bomboniera con bei locali luminosi, un ampio e attrezzato self-service, sale da gioco e televisione, boutique; tutto quello che occorre, insomma, per rendere gradevole il tragitto Italia-Francia e ritorno. Le chiedo quanti siano, più o meno, i passeggeri che frequentano questa tratta; indicativa la risposta: la nave può trasportare al massimo cinquecento persone ma la presenza media è di duecento viaggiatori, mentre il personale di bordo ammonta a una cinquantina di unità; ne consegue che il vero guadagno è dato più dalle merci trasportate che dai passeggeri.

È giorno pieno quando la nave entra nella rada di Tolone. Una rada vastissima, zeppa di moli, di altri porti compresi nel grande porto, a seconda delle navi che ospitano: navi militari, mercantili, navi da crociera. Quando arriviamo è alla fonda anche l’Amerigo Vespucci, celebre nave-scuola italiana, qui giunta per un raduno di altri navigli di diversi paesi e dalla medesima funzione.

Appuntamento in plancia di comando, per osservare con attenzione lo scorrere lento e sicuro della Sorrento verso il molo a lei destinato. Arriva un veloce motoscafo e sale a bordo il pilota del porto di Tolone (ogni porto ne ha uno o più di uno); questo signore è responsabile delle manovre di avvicinamento, osservanza delle regole e attracco finale di ogni natante. Nel caso della Sorrento, monsieur Jean Louis Batù è solo un vecchio amico del comandante Avvinto. Ogni arrivo vede la stessa cerimonia: uno scambio di bottiglie di vino (vini italiani e francesi, naturalmente) assieme al lancio dell’immancabile sfida: perfezione della manovra di avvicinamento al molo; in altre parole, fare in modo che la pancia della nave si accosti il più possibile alla banchina, senza toccarla. Prima di sbarcare, Il comandante mi informa che nel viaggio di ritorno brinderemo con vino francese.

Anche se Tolone è la capitale del Var, quello che illumina la passeggiata in centro è un sole provenzale.

Il cuore della città è un insieme di vecchie case alte dai portoncini d’ingresso minuti, dalle molte finestrelle che occhieggiano su vie strette e ombrose, dall’intersecarsi di vicoli e piccoli spiazzi che danno l’idea di trovarsi in un paesino dove tutti, appena messo il naso fuori dall’uscio, conoscono tutti. Le case hanno tinte pastello, fiori alle finestre, boutique e negozi dove un tempo, forse, esistevano botteghe di falegnami e ciabattini. La visita della vieux ville si imbatte anche nel monumento all’attore Raimu e c’è il tempo per dare un occhio al museo della vecchia Tolone: stampe, mappe, libri, documenti che parlano di mare.

La Sorrento lascia il porto ed è già buio. Le luci della costa prima l’accompagnano per un lungo tratto, allontanandosi poi man mano che si guadagna il largo. Chissà se, dal comandante che tutto sovrintende, ai marinai che l’assecondano, sono note le riflessioni di Federico Garcia Lorca: “Quando spunta la luna, il mare ricopre la terra, mentre il cuore si sente un’isola nell’infinito”. Deve proprio essere questo, il sentire dei naviganti: un muscolo che palpita, scosso da mille emozioni terrene, sospeso ora sulla gran massa d’acqua, quasi placato, cullato, dallo sciabordio delle onde che accarezzano la chiglia.