VIAGGI & PERSONAGGI, di Federico Formignani
La Camargue è “clima mediterraneo, acqua, vento, sale”. In provenzale sansouiro, ovvero terre basse e salate, con poca vegetazione, coperte d’acque salmastre d’inverno e secche d’estate. Tra tori, cavalli e uccelli a decine.
Alcuni grandiosi ambienti naturali europei sorgono là dove i fiumi maggiori si incontrano col mare: il Guadalquivir con l’Oceano Atlantico, il Reno col Mare del Nord, il Po con l’Adriatico, il Danubio col Mar Nero, il Rodano col Mediterraneo.
I parchi che sono stati creati negli estesi delta di alcuni di tali fiumi costituiscono importanti isole di sosta e di riproduzione per tantissime specie di uccelli – stanziali, migratori – e formano l’habitat ideale per altri animali tra loro diversissimi. L’estesa realtà geografica di tali parchi si frammenta spesso in un interessante mosaico di zone naturali specifiche, non di rado differenti le une dalle altre, pur se incluse nell’area madre.
È il caso della Camargue francese, che trae vita dalle acque del Rodano: ricca di paludi, di pascoli, di aree coltivate e di altre aride e geologicamente importanti (Réserve Naturelle des Coussouls de Crau), conserva porzioni di terreno di particolare bellezza e interesse sia botanico che naturalistico. Sono le Marais (paludi) del Vigueirat. È un’area di poco inferiore ai mille ettari che dista una ventina di chilometri da Arles ed è protetta dall’ente di stato Conservatoire du Littoral della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Con Eric Didner, un giovane alsaziano che ha preferito per il suo lavoro e la sua vita i caldi climi del sud della Francia, visito a bordo di un fuoristrada (e per molti tratti a piedi) questa bellissima area protetta. Gli elementi naturali e caratterizzanti della Camargue quindi anche del Vigueirat, dice Eric, sono “il clima mediterraneo, l’acqua, il vento, il sale”. Mi ricorda un termine provenzale (sansouiro) impiegato per descrivere un paesaggio composto di terre basse e salate, con poca vegetazione, a loro volta ricoperte di acque salmastre in inverno ma secche e screpolate in estate. A Vigueirat, spiega il naturalista, oltre ad alcune zone controllate e utilizzate per scopi agricoli, vi sono terreni che, secondo le stagioni, possono essere allagati o meno con un ingegnoso sistema di piccole canalizzazioni; le due paludi permanenti si trovano a sud del parco: Marais nord e Marais sud.
Verso il canale che proviene da Arles, vaste estensioni rappresentano il regno dei cavalli camarghesi: grandi, bianco-grigi, con larghi dorsi sui quali non è infrequente si posino alcuni volatili; assieme ai cavalli, ecco i grandi tori neri di Camargue che qui vivono e si riproducono in piena libertà. Gli stessi tori che Prosper Mérimée, ispettore generale dei Monumenti Storici di Francia, aveva descritto nel 1835 come boeufs noirs (buoi neri). Molte sono le specie avicole che frequentano il Marais: svassi, aironi, tarabusi, cicogne bianche e nere, ibis, uccelli spatola dal becco a ciabatta; poi i delicatissimi e straordinari fenicotteri rosa, che i francesi chiamano flamant rosé e gli spagnoli flamingo. Alla voce canard (anatra) segue un lungo elenco di secondi nomi: ecco allora che il canard siffleur è il fischione; quello pilet identifica il codone, mentre il canard souchet si riferisce al mestolone. La vasta famiglia dell’avifauna delle Marais si arricchisce di altri uccelli ancora: marzaiole, alzavole, nibbi bruni e reali, albanelle, sparvieri e una discreta varietà di aquile e falconi. Non mancano quaglie, pernici, fagiani, gallinelle d’acqua, avocette, beccacce e beccaccini e un’altra buona scelta di differenti tipi di uccelli cavaliere, due dei quali sono del tipo à pattes jaunes (a zampe gialle) e a cul blanc.
Sulla via del ritorno, Eric mi fa notare le caratteristiche, per così dire “negative”, di una giuncacea (juncus acutus) molto appetita dai tori che ne mangiano le piantine novelle. Quando la pianta cresce e si indurisce, diviene micidiale per i poveri tori che vi infilano il muso e rischiano la cecità per la pericolosità degli aghi vegetali. Il senso di pena si esaurisce però in breve. La corsa del fuoristrada è fiancheggiata dal galoppo sfrenato di centinaia di tori neri e lucidi per il sudore; è un attimo: un cucciolo rimane travolto dalla mole imponente di papà (trecento chili e oltre); per fortuna si rialza subito e riprende a correre più veloce di prima, per non perdere la sicurezza del branco.