Secondo il Consiglio Nazionale dell’OdG chi, a seguito della revisione degli elenchi, dovrebbe essere cancellato perchè non esercita più la professione, può chiedere un “differimento”. Senza restrizioni, ci mancherebbe: la cassa piange! E lo dicono pure.

Voi sapete contare fino a tre milioni?
Io sì.
Ma non mi è bastato a far sbollire l’ira funesta procuratami dalla lettura delle “Linee guida per una valutazione omogenea in tutte le Regioni” deliberate giorni fa dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.
A prima vista, giudicando dal titolo, parrebbe una direttiva avente lo scopo di garantire, in tutta Italia, l’adozione di parametri uguali per casi uguali, senza le difformità che spesso vengono dall’applicazione regionale delle norme relative alla categoria giornalistica: tipo iscrizioni all’albo, verifica dei requisiti minimi, etc.
E in effetti, in un certo senso, è così.
Bene quindi, ho pensato.
Poi leggi e scopri che è tutto il contrario: si dice cioè che vanno garantite a tutti i reprobi uguali scappatoie per restare iscritti: dilazioni, differimenti, sospensive. Insomma, le furbate siano uguali per tutti, senza discriminazioni territoriali peggiorative.
Leggete da soli, qui, il testo integrale. Io non ce la faccio a riportarlo per intero.
Al massimo faccio una sintesi. Ma la conclusione non è meno sconfortante: siccome, spiegano, il numero degli iscritti è in calo (era ora), le dimissioni abbondano (segno di saggia resipiscenza), i morosi e i cacciati per morosità crescono (vorrei ben vedere) e quindi le entrate dell’Odg calano (eccoci all’acqua!), si delibera che chi dovrebbe essere buttato fuori dall’Ordine perchè, a seguito di verifica, non ha più i requisiti può chiedere un “differimento” della giubilazione. Anzi, peggio: il differimento è garantito anche a chi è già stato cacciato, ma ha fatto ricorso.
Così, mentre è sotto gli occhi di tutti una crisi della professione legata più alla pletora di giornalisti dediti a tutt’altro e creata da anni di cieco giornalistificio che dallo sbandierato tramonto dell’editoria, mentre siamo in 120mila ma nelle redazioni (tra assunti ed esterni) c’è posto per 30mila, mentre siamo invasi da sedicenti, aspiranti, velinari, tartinari, ex tutto, dopolavoristi, dilettanti, hobbisti, volontari, velleitari e, in definitiva, sono i fatti a determinare l’inevitabile selezione naturale di una categoria cresciuta nel tempo in modo abnorme e patologico, che fa l’istituzione?
Cerca di fare massa, che fa rima con cassa, arginando l’esodo delle zavorre.
Con il risultato, improbabile, di aiutare a galleggiare fittiziamente chi non ha bisogno di aiuto concreto (in quanto dedito ad altri mestieri e quindi produttore di altri redditi) e con quello certo di affondare chi ancora, di questa professione, ci campa (o ci guadagna, il che è lo stesso), ma è sempre più in difficoltà anche a causa di chi scrive per hobby.
Del resto, mica sarà un caso se solo la metà degli iscritti all’OdG non è iscritta anche all’Inpgi.
Come? Gran parte di questi non sa nemmeno che è, l’Inpgi?
Ecco, appunto.
Magari, però, siede in Consiglio Nazionale.
I conti tornano.
Lo diceva anche la Morte alla fine di Brancaleone alle Crociate.