"Me? I'm just a lawnmower..."

Stefane tu patuli recubans sub tegmine dyospiris“. Eppure c’è poco di bucolico e molto di rock and roll nella foto qui sopra. Il fatto è che i flashback abbondano in questo caldo maggio…

 

Soundtrack: “I know what I like“, Genesis.

Oggi dopo pranzo, mentre ero recubans sub tegmine dyospiris, qualcuno mi ha fatto questa foto.
E subito, con singolare coincidenza ricorrenziale, è scattato il flashback.
Maggio 1975.
Al costo di 40mila sudatissime lirette (ripensandoci, in proporzione ad oggi, è uno sproposito) mi ero appena comprato il primo stereo della mia vita.
Oddio, stereo: un Lesa compatto di qualità oggettivamente infame. Meglio però del giradischi sempre Lesa, ma mono e a valvole, che avevo usato fino ad allora, residuato dei regali di matrimonio dei miei nel 1959 (a scanso di equivoci, comunque, il mono ce l’ho ancora, lo stereo no).
Il solito amico Sakura, esegeta dell’hifi, me lo criticò subito e aveva ragione, ma a mia volta mi feci una ragione delle sue critiche e tirai diritto.
Come si usava una volta in certe famiglie allargate che oggi non ci sono più, l’evento – cioè l’arrivo dello stereo in casa – andava adeguatamente celebrato. Così ci fu una piccola processione di ingenui e generosi parenti che mi portarono i loro dischida ascoltare sul giradischi nuovo“. Come se per me contasse sentire i dischi in genere e non quei dischi che dicevo io e per i quali avevo investito la consistente somma.
Planano così sul letto di camera mia cose di Aznavour, Bacharach, Mina e altro.
Non male in fondo, se visti con gli occhi di oggi, ma orrore se visti con quelli di allora.
Confidando che il pellegrinaggio finisse presto, io facevo tuttavia buon viso, ringraziavo e aspettavo il momento in cui, finalmente solo, avrei potuto ascoltare quello che pareva a me.
Poi, la sorpresa. Tra i vinili del parentado affiora una copertina familiare: Genesis, “Selling England by the pound“. Disco che non avevo, ma rientrava tra le centinaia vanamente inseriti in una lista di desideri priva di – diciamo così – “copertura finanziaria“.
Non fu amore a prima vista, ma il rapporto si rivelò duraturo e profondo.
Il 33 usciva frusciando dalla busta interna verde, con i testi tradotti e chiosati da Armando Gallo. I solchi mandavano riflessi iridescenti che denunciavano pochi ascolti e un profumo inconfondibile di plastica e cartone. Etichetta rosa antico “The Famous Charisma Label” con il Cappellaio Matto.
Can you tell me where my country lies? / Said the Unifaun to his true love eyes / It lies with me, cried the Queen of Maybe / for her merchandise he traded in his prize” e così via.
Ora, chi conosce la materia avrà già capito che c’entrano la foto e il flashback e gli basterà ascoltare qui.
Chi non la conosce, dovrà invece guardare anche qui e poi leggersi il testo della canzone: “It’s one o’clock and it’s time for lunch / and the the sun beats down / I lie on the bench / I can always hear them talk […] / Me? I’m just a lawnmower / you can tell it by the way I walk…“.
Poi il Bastone di Gandalf lasciò il posto alle Fauci del Destino, ma a questo punto mi sono risvegliato.