Incerto tra irritazione (odio il senno di poi) e il sollievo (meglio tardi che mai) apprendo che l’OdG ha finalmente deciso di elevare formalmente le soglie minime per diventare pubblicista. Un passo indispensabile per arginare il giornalistificio o una tardiva pecetta?

Il provvedimento annunciato giorni fa dall’Ordine dei Giornalisti, più che una chiusura della porta per evitare la fuga dei buoi dalla stalla, visto che il bestiame è scappato da un pezzo, sembra un tardivo – ma salutare e soprattutto emblematico – rialzamento della recinzione per impedire che altri possano penetrare troppo facilmente nel già sovraffollato recinto senza averne i giusti requisiti: a partire da ottobre verrà elevato il tetto del numero minimo degli articoli e dei relativi compensi necessari per poter presentare, alla fine del biennio, domanda di iscrizione all’elenco dei pubblicisti.
I nuovi parametri, specificano all’OdG, attuano un’indicazione proveniente dal Consiglio nazionale che, mirando a dare più dignità alla professione, è una pressante richiesta agli editori ed ai direttori a corrispondere ai loro collaboratori compensi più adeguati. Allo stesso tempo, aumentando il numero di articoli o servizi, si intende richiedere, a chi presenta domanda di iscrizione, una documentazione più intensa e continuativa della propria prestazione professionale.
Le nuove regole entrano in vigore dal 1° ottobre 2011 e verranno applicate a chi inizia il proprio percorso a partire da quella data.
Per chi collabora con testate quotidiane il numero minimo dei pezzi da presentare è 100 ai quali devono corrispondere compensi per 2000 euro; per le testate settimanali il numero degli articoli necessari è 60 per un compenso di 1500 euro. Restano invariati, invece, i requisiti per le testate mensili: 20 articoli a fronte di compensi per 1000 euro.
Che dire?
Beh, innanzitutto che gli strumenti per arginare l’assalto all’Ordine c’erano già anche prima e risiedevano nei poteri discrezionali attribuiti ai consigli regionali per valutare le candidature. Le nuove regole vanno quindi interpretate come un segnale, un messaggio, più che una mossa concreta.
Devo aggiungere che il richiamo all’attualissimo tema del “giusto compenso” del lavoro giornalistico e la “pressante richiesta” alla controparte appare un po’ retorica: sia perchè gli importi fissati restano estremamente bassi, sia perché non si capisce come mai gli editori, con i cordoni della borsa già strettissimi, dovrebbero allargarli per favorire la nostra categoria.
Va poi detto che l’innalzamento delle soglie non è sia quello che si potrebbe definire ponderoso. E’ un ritocco percentualmente senza dubbio importante, viste le tariffe correnti, ma risibile in valore assoluto. Anche se certi serbatoi di “todos caballeros” (penso al web e a certe allegre pubblicazioni) potrebbero venirne condizionate pesantemente.
Insomma, la novità è destinata a rimanere lettera morta, se resterà la sola. Va invece valutata con entusiasmo se rappresenta il primo segnale di una netta inversione di tendenza dopo il calamento di brache dell’ultimo decennio.
Non ci resta che aspettare e vedere che succede. Sempre sperando, vista l’aria che tira, di essere ancora professionalmente vivi quando se ne vedranno i primi effetti.