Sì, i giornalisti sono i migliori nemici degli addetti stampa e viceversa, ma per un rapporto corretto occorre che ognuno faccia la sua parte. Quindi, in attesa di replica, ecco un nuovo decalogo (semiserio ma sincero).

 

Caro ufficio stampa o pr,

abbia tu la bontà di ascoltare questi modesti dieci suggerimenti.
Utili non tanto a garantirsi in futuro la mia trascurabile benevolenza, ma quella di molti altri e assai più importanti colleghi, nonchè risultati graditi a chi, si presume, ti ha ingaggiato per averne.
Il che non toglie che a volte tu possa avere ragione quando ti lamenti dei giornalisti. Ma…

1) se mandi un comunicato stampa, indicane chiaramente l’argomento già nell’oggetto nell’email, perchè gli indovinelli li risolvevo quando avevo 8 anni e adesso non ho più nè il tempo, nè la voglia di farlo.

2) nella comunicazione la chiara fama non esiste, men che meno per argomenti, persone, etc che la fama non ce l’hanno nemmeno opaca: quindi non dare per scontato che sia ovvio ciò che è noto solo a te o al tuo committente e specifica bene tutto, subito e con chiarezza.
3) di preciso quanto tempo risparmi, rispetto a riportare direttamente il comunicato stampa nel corpo dell’email, scrivendo dieci righe per raccomandarmi di “prendere visione dell’allegato comunicato stampa“?
4) da anni cerco una risposta a questo interrogativo: perchè alcuni mandano inviti e comunicati da una casella email, pregando però di rispondere a un’altra, con inevitabili malintesi e cortocircuiti?
5) questione intramontabile: capisco che esista chi trova la notizia utile e quindi fai bene a mandargliela, ma in generale la cronaca ex post di qualcosa di (ovviamente) mirabolante a cui uno non era invitato e di cui non era nemmeno informato genera reazioni infastidite (eufemismo). Quindi seleziona i destinatari, please.
6) negli ultimi lustri l’informatica ha fatto passi da gigante: capisco che oggi le mailing si comprano e che si può vantarsi col committente di averne di monumentali come una volta si esibivano agende simili all’elenco telefonico di NY, ma possibile che tu non riesca a trovare un software che te le ripulisca dai doppioni? Sarei un po’ stufo di ricevere sette-copie-sette dello stesso comunicato di 500MB inviate alla stessa email, cioè la mia.
7) nel tuo mestiere, come nel mio del resto, le brutte figure sono dietro l’angolo: su Google e FB trovi praticamente tutti, magari prima di sbilanciarti, fare passi falsi o commenti inopportuni, indaga un attimo con chi hai a che fare, perchè il mondo mica è cominciato quando tu hai cominciato a lavorare, eh!
8) a casa propria ognuno invita chi vuole e nessuno ha il diritto di essere invitato a casa altrui: chiarito ciò, se mi inviti e io mi presento, dedicandoti il mio tempo, tu hai il dovere di accogliermi e riservarmi un trattamento professionale, non puoi dirmi “non so se posso” e pormi duemila condizioni.
9) per restare in argomento, sappi che ti sarò per sempre grato di avermi invitato oggi per domani a un pranzo che si tiene a 600 km da casa mia, ma accetta il rischio che io pensi che tu non abbia la più pallida idea di chi sono, dove vivo, cosa faccio e per chi.
10) la mia cortesia nel relazionarmi con te è un segno di educazione e di professionalità, non di accondiscendenza (tantomeno automatica) e ti assicuro, anzi, che nel lungo periodo la trasparente correttezza paga assai di più di tanti salamelecchi ipocriti.
Se ora ti riconosci in uno degli esecrabili comportamente appena descritti, non rabbuiarti: l’intemerata non è riferita a te, proprio a te.
Il vero problema infatti è che certi tuoi errori sono comunissimi. Sopportarne qualcuno non è un problema, ma dopo qualche centinaio la pazienza scema.