Per sei voti non vado al ballottaggio di domenica prossima. Pazienza. Convinto di avere molto da dare alla professione, mi ero candidato. Da solo, ma non per individualismo: nessuno mi aveva chiamato per coinvolgermi. Ora il pallino passa ai colleghi: auguri.

Ho preso 24 voti, primo tra gli “indipendenti” (cioè tra chi non era già interno all’organigramma e/o fuori da liste o apparentamenti), e ho mancato il ballottaggio per soli 6 consensi. Mi sono mancati i suffragi di una quindicina di colleghi che, pur avendomi assicurato il loro voto, hanno poi disertato le urne.
Possono fargliene una colpa? No di certo visto che, tra le tante cose cervellotiche (eufemismo) di questa consultazione c’erano anche la scelta del giorno (una domenica di fine maggio) e dell’orario (10-18): in pratica un disincentivo vincente.
Ammesso però che la domenica proprio non potesse essere evitata, era invece impossibile mettere orari un po’ più decenti, tipo 9-12 e 17-24, in modo da consentire agli elettori di poter votare senza essere costretti, in cambio, a trascorrere tutto il festivo in città? E non mi si venga a dire che era una questione di costi, sennò si vanno a fare certe scomode verifiche sulle spese e poi ridiamo.
Della comica delle liste prestampate e distribuite come pizzini ai seggi, degli elenchi affissi qui sì e là no, nell’indifferenza dei responsabili, e di altre cialtronerie ho già detto in post precedenti. Nè posso biasimare più di tanto chi ha praticato questi sistemi all’italiana, visto che evidentemente è una prassi consolidata e che, se non vuoi partire perdente, ti devi adattare.
Ora comunque c’è un triennio per verificare bene le norme e, se necessario, cambiarle. Sempre ammesso che chi verrà eletto ai vertici dell’Odg abbia interesse a farlo.
Prima di chiudere mi corre l’obbligo di ringraziare i 24 colleghi che mi hanno votato. Lo faccio di cuore, perchè so quanto il consenso dato a me sia stato un atto di fiducia personale, basato solamente sulla considerazione individuale. Quindi grazie doppiamente.
Quanto al resto, la mia non era una battaglia prima e non è una battaglia adesso. La vera battaglia è quella sui problemi sul tappeto, talmente gravi che in tanti fanno finta di non vederli, illudendosi che la soluzione sia procrastinarli all’infinito. Un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto. Fino a che quel sudiciume travolgerà l’intera categoria. Un finale che vorrei evitare.