Molti si risentono per quelli che interpretano come miei prevenuti attacchi all’organismo creato dal sindacato per occuparsi (si fa per dire) dei “non contrattualizzati”. Ma sbagliano: io ce l’ho solo con la Federazione, di cui la Commissione è un’appendice.
Cara Commissione Nazionale Lavoro Autonomo dell’Fnsi e cari amici e colleghi che ne fate parte,
ho deciso di scrivervi questa lettera aperta per fare chiarezza su un punto attorno al quale, ciclicamente, tornano a ruotare molti malumori, anche personali: il mio presunto astio verso di voi. Che poi si tradurrebbe, secondo alcuni, in critiche gratuite e preconcette nei confronti del vostro operato.
L’ultimo caso risale a l’altroierieri, quando, tra i commenti di FB al mio post (qui) sulla vicenda del giornale che, condannato per diffamazione, ha chiesto i danni a un’incolpevole collaboratrice, ho esortato i giornalisti ad aprire gli occhi e a non farsi accecare dalla facile propaganda di chi, su questa storia, cavalcava l’indignazione per staccare tessere e poi lasciare le cose come stanno. Alludevo ovviamente all’Fnsi.
Se ne è risentito anche Maurizio Bekar, membro della Commissione, con il quale peraltro ci sono stati pure recenti e proficui scambi di idee, chiedendomi se, poichè la posizione Fnsi era anche frutto di un impegno diretto della Commissione, sarebbe stato forse preferibile che, davanti ai problemi concreti di un collega, per evitare di venir tacciati di opportunismo non si fossero attivati.
Gli ho replicato che il mio bersaglio era solo chi, anche in buona fede, cade nella trappola dell’indignazione, dimenticandosi però di guardare la luna che sta dietro il dito. E che nella circostanza mi sarei aspettato che, oltre a indignarsi, l’Fnsi avesse dato segnale di aver colto il nocciolo vero della vicenda: ovvero la necessità di tutelare gli autonomi, tipologia peraltro ormai maggioritaria tra i giornalisti, anche attraverso la messa a punto (da me inutilmente proposta secoli fa) di un sistema assicurativo trilaterale (cioè contro i danni procurati alla testata, ai terzi e a se stessi: argomento oltretutto di stretta attualità, visto che è parte del progetto di riforma dell’OdG), i cui costi andrebbero distribuiti tra assicurato, editore e ordine. E la cui formula non può che venire da una contrattazione collettiva alla quale, auspicabilmente, il sindacato dovrebbe dare per primo l’impulso, invece di perdersi nelle fiaccolate piazzaiole.
Esplicito tutto questo per chiarire, quindi, che non critico affatto la Commissione in sè, nè i suoi membri. Tranne, forse, per l’ ingenuità di continuare a far parte di un organismo di facciata la cui paralisi e la cui mancanza di qualunque effettivo potere è, come noto, imbarazzante innanzitutto per chi ne fa parte e non a caso fonte di frequenti polemiche e dimissioni. Per non dire della “tutela” a cui la Commissione è sottoposta, visto che alla sua presidenza viene negato possa sedersi, come sarebbe invece doveroso, oltre che logico, un autonomo.
Che ciò poi sia frutto di insipienza, di guerra tra correnti interne o di una precisa scelta politica del sindacato, a me freelance appare francamente irrilevante.
Dunque non ce l’ho con voi, ma con il cronico assenteismo e la mancanza di considerazione alcuna nei confronti della libera professione da parte dell’Fnsi. Un risentimento, il mio, corroborato dall’esperienza di oltre un ventennio di muri di gomma che hanno condotto questa branca del giornalismo alla rovina. E che non basta certo l’istituzione di un’impotente commissione ad attenuare.
Se poi, in Federazione, sono permalosi e non amano le critiche, peggio per loro.
Io non tacerò di sicuro.
Buon lavoro a tutti, Stefano.