Nella guerra di trincea si perde di vista l’obbiettivo, cioè la vittoria finale, e si bada solo a salvare la pelle o a far fuori il cecchino che sta dall’altra parte, mentre i generali tessono le loro (a volte troppo) alte strategie. Noi giornalisti però siamo i fantaccini.

Che la questione dell’equo compenso e dell’operato della sua ipertrofica, bradipica commissione fosse pian piano sfumata da psicodramma a tragicommedia s’era ormai capito da un pezzo. E gli sbadigli si sprecano. S’è anche capito da un pezzo che il tutto non è affatto un confronto tra parti (editori di qua e giornalisti di là, con un mediatore, cioè il governo, nel mezzo) ma il terreno di una guerra civile tra istituzioni giornalistiche, con gli altri a fare da imbarazzati e in certi casi (Fieg) interessati spettatori.
Ora però, nel protrarsi della farsa, nasce un sospetto nuovo. Con peduncoli tuttavia antichissimi e profondissimi: è se la faccenda fosse il dito anzichè la luna? Insomma se il giochino fosse assai più complesso e se lo scontro tra contraenti fosse solo una quinta che nasconde, a mo’ di foglia di fico, altre trame più politiche?
Proviamo a mettere insieme i pezzi.
Il governo, con buona pace del premier, è nel limbo e quindi vive tra color che son sospesi. Mi parrebbe strano che al pur assennato sottosegretario Legnini e agli altri rappresentanti ministeriali fosse concesso di prendere una strada troppo dritta nella soluzione di un problema altamente delicato, visti anche i parecchi interessi di diplomazia politica in ballo e la necessità, alla fine, di dare a tutti un pezzetto di merito.
L’Inpgi fa il pesce nel barile: in teoria dovrebbe parteggiare per i giornalisti, nei fatti mi pare che non si sbilanci affatto e questo, in fondo, è pure comprensibile (i veri contendenti sono OdG e Fnsi, di ambo dei quali esso è un affine).
Restano Ordine e sindacato.
Il secondo, è noto, aldilà delle chiacchiere di facciata vede l’equo compenso come fumo negli occhi, perchè lo considera un’invasione nelle proprie competenze istituzionali e un fastidioso ingombro nel traffico di inciuci con la Fieg, inciuci che la federazione ritiene “cosa sua”. Quindi lo sabota per default. Inoltre manca poco alle elezioni e le trattative per il rinnovo contrattuale sono in corso: farsi scippare dalla bislacca commissione e da Iacopino l’utilissimo specchietto per le allodole del compenso agli autonomi (che sono visti come allodole, anzi allocchi, e spesso da tali si comportano) sarebbe, a dir poco, tanto sciocco quanto pernicioso.
Ma anche l’OdG è in posizione difficile. Il presidente, da poco rieletto a sorpresa, ha basato la sua campagna elettorale e tuttora appoggia buona parte dei suoi consensi sull’instabile e molto influenzabile zoccolo degli “inequamente compensati“. Coerentemente, sta a sua volta attentissimo a non farsi scippare dall’asse Fnsi-Fieg il pallino di un accordo che in ogni momento i due provano a sottrarre alle competenze della commissione con manovre di accerchiamento.
Ma lo sforzo è improbo, perchè se da un lato bisogna ostacolare gli avversari politici, dall’altro occorre comunque andare il più velocemente possibile verso una soluzione soddisfacente del problema.
Non a caso, ieri Iacopino ha rilasciato l’ennesima, inquieta dichiarazione-denuncia: “Hanno tentato un blitz: concedere a FIEG e FNSI tre mesi di tempo per articolare una proposta. Tre mesi, quando ne sono passati già dieci dall’approvazione della legge. Tre mesi di trattative fuori dalla commissione per poi ricominciare a parlarne nell’organismo previsto dalla legge. Ho detto un secco no, dichiarando che non avrei trovato argomenti per spiegare questo rinvio ai colleghi. Tutti d’accordo con le parole o con i silenzi, sulla proposta di rinvio ad una trattativa parallela. Tutti senza fare i conti con Giovanni Legnini. Il sottosegretario ha tagliato corto. Il governo articolerà subito una proposta che entro un mese sarà sottoposta al voto della commissione: ‘Assieme al presidente Iacopino a Napoli ho assunto l’impegno a concludere entro l’anno. Lo onorerò’“. E ancora: “Ho chiesto al sottosegretario di articolare a nome del governo una proposta. Credo sia il solo modo, ho spiegato, per impedire alla FIEG di farci perdere altro tempo. Oggi, ad esempio, gli editori (al tavolo c’erano, tra altri, Fnsi e Inpgi) hanno osato affermare che stanno facendo passi avanti nella tutela del lavoro autonomo. Ho fatto presente che i soli “passi” compiuti dall’approvazione della legge sull’equo compenso sono quelli che hanno portato al taglio drastico dei compensi dei collaboratori, fino al 40 per cento. Ovviamente sono rimasto isolato“.
Se, come da un lato spero, il presidente dell’Ordine la spunterà e ci sarà una bozza governativa (anche se resta da capire chi ne saranno i veri ispiratori e consigliori), la battaglia dialettica si sposterà su questa. Senza alcuna garanzia, però, che poi si proceda e non si resti comunque impantanati nella guerriglia istituzionale. Se invece non la spunterà, tutto resterà come adesso, cioè fermo.
In ognuno dei due casi, con buona pace dell’impegno di Legnini, le cose proseguiranno quindi a andare per le lunghe, nella forse tacita (e forse inconsapevole o forse da qualcuno perfino condivisa) attesa che la materia del contendere si esaurisca da sola per estinzione della categoria de qua: gli autonomi.
La scorsa settimana, intanto, anche alla presenza di numerosi giornalisti (alcuni dei quali delegati Fnsi!) si riunisce la Conferenza nazionale d’indirizzo della Consulta del Lavoro Professionale della Cgil, in un “incontro teso a sviluppare nuove politiche per la tutela e rappresentanza del lavoro professionale”.
Qualcosa vorrà dire. O no?