L’OdG sospende le nuove interpretazioni sul praticantato: ripensamento tattico o avvio di un vero confronto per la riforma della legge professionale, è comunque una buona notizia (e scusate il latinorum).

 

Apprendo dal notiziario dell’OdG che l’Ordine ha (saggiamente, dico io) differito di tre mesi l’entrata in vigore dei nuovi criteri interpretativi dell’art. 34 della legge 69 del 1963, quello sul cosiddetto praticantato. Criteri che, se applicati, aprirebbero nella professione, con la scusa di “adeguarla” a nuove realtà non meglio individuate, voragini e iniquità difficilmente colmabili (ne ho già parlato qui), salvo provocare il collasso definitivo della professione stessa o un drastico intervento legislativo di riforma. La sollecitazione del quale, dicono, era o sarebbe stata la reale funzione dei paventati “nuovi criteri”.

Non essendo addentro alle sacre stanze, ignoro quale sia il reale stato dell’arte e osservo gli eventi dall’esterno, come tutti.

E’ però confortante leggere, sempre sul notiziario, che “l’Ordine dei giornalisti ha avviato una interlocuzione costruttiva con il Ministero della Giustizia, con diversi appuntamenti in programma, al fine di valutare un percorso che potrebbe condurre, in tempi brevi, ad una azione di modifica legislativa da parte del Parlamento, dei canali di accesso alla professione giornalistica. In virtù di tale situazione e alla luce della richiesta del Ministero, è stata differita di tre mesi l’entrata in vigore dei nuovi criteri interpretativi dell’articolo 34“.

Fusse che fusse la vorta bbona che la politica prenda davvero in mano, dopo trent’anni di sinecura, la patata bollente dell’indifferibile riforma della professione?

Qualche briciolo di speranza c’è.

Per continuare con la metafora orticola, i tempi sarebbero abbondantemente maturi. Nell’aria, sul tema, aleggia una fibrillazione che, nonostante le ripetute lamentazioni di noi diretti interessati, negli anni passati non si avvertiva. E qualche robusto segnale della possibilità di un approccio nuovo lo si è rintracciato anche, in occasione della conferenza stampa di fine anno, nelle parole di risposta date dal Presidente del Consiglio al presidente dei giornalisti Carlo Bartoli, quando Giorgia Meloni si è detta ben lieta e disponibile ad incontrare i rappresentanti dell’Odg per discutere dei tanti nodi sul tappeto, pure nell’ottica di un’iniziativa di governo ad hoc.

La sospensiva annunciata da Bartoli, insomma, non sembra nè casuale, nè inutile.

Il che non esclude che possa anche trattarsi di una mossa tattica, tendente ad appacificare almeno temporaneamente una categoria uscita in larga misura scontenta dal varo di quei nuovi ma divisivi criteri, apparsi non solo (e non è un’opinione mia e basta) scombiccherati, bensì approvati tra forti contrasti e scambi di accuse.

L’importante è che, adesso, non si torni indietro.

E che nel paiolo del confronto triangolare tra Odine, Governo e Parlamento ricadano tutti gli ingredienti del minestrone: accesso alla professione, equo compenso, previdenza degli autonomi (lo scottante caso Inpgi2) e pluralismo sindacale.

Sempre ammesso che non ci sia chi rema contro per far cadere i sogni sotto i colpi del fuoco amico.