Ha aperto, sotto la guida di Stefano Frassineti, il nuovo ristorante della Tenuta Poggio Casciano di Ruffino, a Bagno a Ripoli (FI). Sugli scudi una cucina toscana senza compromessi, appena smussata con trovate e intuizioni. E un’interessante politica dei prezzi del vino.

 

Non me ne voglia Stefano Frassineti, chef verace che da poco ha assunto la guida del nuovo ristorante di Ruffino a Poggio Casciano (Bagno a Ripoli), se per fare lo spiritoso giocando col nome del locale lo assimilo a un rospo: è una questione di stazza, non certo di mestoli o di carattere.

Direi anzi, se la cosa non rischiasse di apparire stucchevole, che tra i fornelli il rospo sa diventare un principino (salvo scoprire in virtù del bacio di chi).

Fuori metafora e parlando seriamente devo dire invece che la cena inaugurale de Le Tre Rane, il ristorante aperto qualche settimana fa dalla casa vinicola del gruppo Constellation Brands nel resort sulle colline fiorentine, poteva risultare un appuntamento insidioso per tutti: il ristorante, il cuoco e i commensali.

Per il ristorante perché, thrilling delle inaugurazioni a parte, oltre al nome c’era da spiegare al pubblico curioso il motivo delle scelte gastronomiche e architettoniche, nonchè di uno stile agile e sbarazzino in un contesto già piuttosto paludato come quello.

Per Stefano Frassineti perché, in qualunque direzione si fosse mosso, rischiava di rimanere impallinato da un lato sul versante un po’ risaputo dell’ortodossia toscana da trattoria e dall’altro su quello noioso dell’innovazione a tutti i costi o del vorrei ma non posso.

Per i commensali perché poi non avrebbero saputo come disimpegnarsi coi commenti.

Che la situazione promettesse bene lo si è però intuito subito, dallo spirito disteso e dal sorriso quasi sornione che lo chef di Pontassieve ha ostentato fin dal momento dell’aperitivo. O per meglio dire del robusto antipasto, dove tra le tante cose ha spiccato l’intuizione di una autunnalissima e corroborante stracciatella servita espressa, in comode microvaschette: un riuscito colpo di teatro.

Saliti in sala – un fienile per una settantina di coperti, reinterpretato con moderna sobrietà – la musica non è cambiata. Si apre con un’altra scelta teoricamente pericolosa, un’opulenta crespelle di ricotta con “erbi” e pommarola che invece scivola via e si fa gustare per una fragranza sostanziosa che non appesantisce, nonostante la generosissima porzione. Si prosegue con una scottiglia in bianco aromatizzata alla bizzaria, piatto (pure questo abbondante assai) che, forse per venire incontro ai palati meno esperti di gusti rustici, si spoglia delle acutezze boscaiole senza però rinunciare alla consistenza. Si chiude a tutta gola con una bella cialda di crema sciantillì (proprio sciantillì, come a mano scrivevano le nonne sul ricettario di casa) coi frutti di bosco.

Scorrendo il menu ufficiale, quello di tutti i giorni, si ha poi la conferma di una proposta improntata sulla cucina di tradizione ma ingentilita dal di dentro con giochi di aromi, di odori e di ingredienti, come il tortello ripieno di pollo alla cacciatora, l’anatra al mosto o la cecina con le verdure saltate.

Dalla cantina, ovviamente, salgono i vini della copiosa gamma di Ruffino. Con una doppia particolarità: “La prima – spiega l’amministratore delegato Sandro Sartor è che il cliente può scendere direttamente col sommelier e scegliere le annate storiche dei nostri vini, delle quali abbiamo un’ampia disponibilità e con le quali, quindi, l’appassionato può divertirsi. La seconda è la politica dei prezzi. Non ci pareva serio speculare mettendo in carta le nostre etichette al costo a cui normalmente sono vendute nei ristoranti. Non ci pareva però nemmeno giusto mortificare il valore delle bottiglie facendo credere agli ospiti che esso sia inferiore a quello reale di mercato, solo perché da noi le pagano di meno. Allora abbiamo deciso una via di mezzo: il prezzo riportato in carta è quello normale medio della bottiglia in un normale ristorante, quello applicato al momento del conto è invece scontato del 50%, in modo che il consumatore possa vedere la differenza”.

Il costo finale di un pranzo? A occhio, sui 45 euro più i vini. Oppure un menu degustazione di quattro portate con vini in abbinamento inclusi a 35 euro.