Nel 2013 lanciai qui su Alta Fedeltà un provocatorio censimento dei giornalisti freelance italiani. Mi era venuta voglia di rilanciarlo per capire che era successo nel frattempo. Invece mi è venuto fuori il censimento dei fallimenti della categoria nell’ultimo quinquennio. Era meglio se facevo altro.
Oggi ho commesso un grave sbaglio.
Tentato dal ripetere, per aggiornarlo, il mio censimento-provocazione dei freelance in attività, datato 2013 (qui), ho aperto la relativa pagina e ho scorso l’elenco dei colleghi, fermo a una deprimente quota 57.
Poi mi sono messo a contare quelli che, con certezza, in un lustro hanno lasciato l’attività e sono passati a miglior vita professionale, decurtando così quella lista di parecchie unità.
In cinque anni sono successe molte cose. Per il nostro mestiere tutte negative.
La più clamorosa è stata la farsa dell’equo compenso, una sceneggiata avvilente perchè recitata da gran parte degli attori sapendo di recitare e con la piena consapevolezza che lo scopo della manovra era del tutto diverso da quello dichiarato.
Poi c’è stata l’altra farsa del nuovo contratto firmato dall’Fnsi e ripudiato dalla categoria, con tanto di comico referendum-truffa del sindacato, nel frattempo ribattezzato Fnsieg.
C’è stata la protesta degli autonomi sotto le plumbee finestre di Corso Vittorio a Roma, passato alla storia come il corteo della tremula tendina.
Ci sono stati l’autogol del ricongiungimento, i cui perniciosi effetti si prolungano tuttora a colpi di proroghe, un paio di congressi Fnsieg di limpido stampo bulgaro, la riforma (parziale) dell’Ordine e la buffonata dei crediti, quelli che tutti sono obbligati a ottenere ma poi anche se non ce l’hai, dice l’asciugato e efficientato Cnog, è uguale.
Intanto, nel silenzio generale, è arrivato il dicembre del 2017, che ha assomigliato tanto a quello del 2009 quando, di riffa o di raffa, ci siamo dati appuntamento all’anno nuovo e nelle more hanno chiuso giornali, collaborazioni e cordoni della borsa o il poco che ne restava aperto.
Si arriva a febbraio 2018 e, visto il clima carnevalizio, non poteva mancare la consueta mascherata sindacale.
Questa, con una mossa a sorpresa, ha però spiazzato tutti: invece che per il travisamento interno, si è optato per quello esterno e così la disinvolta Fnsieg ha provato ad assumere le sembianze dei sindacati confederali, cercando di salire sul carro dei vincitori di una vertenza, quella sugli uffici stampa, che la Federazione non poteva aver vinto, in quanto non ammessa al tavolo. Tradotto: per i giornalisti hanno trattato gli altri, ma il merito – del resto ogni scherzo vale – se lo vuole prendere Lorusso, il segretario.
Intendiamoci: ormai ci si ride sopra.
Ma l’effetto gucciniano della fine triste della partita rimane.
Purtroppo è la nostra.