La categoria dei giornalisti non è esente da colpe di opacità morale, ma quelli che vogliono fustigarci, quando poi sono i primi a mestare nel torbido del sistema marchettaro, non si possono sentire.

 

Uno dei modi più scontati per insultare i giornalisti (a volte pure a ragione) è dar loro di “giornalai“, a sottintendere che le notizie, anzichè darle, le vendono al miglior offerente.

Come tutte le volte che si offende, quasi mai si va molto per il sottile o a fondo delle questioni. Spesso, anzi, dare del giornalaio è il modo più comodo per unirsi al coro belante del conformismo, senza esporsi troppo ad argomentare idee che non si hanno.

E’ insomma il classico epiteto da branco. Ed è usato trasversalmente per tutte le categorie di giornalisti.

Ma entro certi limiti va bene così.

Or ora leggo però il tonitruante e moraleggiante pistolotto di un imprenditore, diciamo così, il quale, vestiti i panni del Savonarola strabico, con un occhio furoreggia contro i malcostumi di noi scribacchini, accusandoci d’ogni tipo di corruzione mentre, con l’altro, finge di non vedere il proprio addetto stampa che, con olimpica indifferenza, approfittando ambiguamente della sua posizione di giornalista scrive sui giornali panegirici a proposito di un cliente. Ovverosia l’imprenditore de quo.

Insomma: nulla da eccepire quando la marchetta è pro domo tua, nè sul fatto che un giornalista verghi articolesse pubblicitarie camuffate da articolo, se il beneficiario sei te. Altrimenti, crucifige!

Ma bravo, figurone!