All’indomani delle elezioni dell’Inpgi 1 e 2 (che hanno confermato, diciamolo, il prevalere del vecchio sul nuovo) ecco il solito garrulo teatrino: hanno vinto tutti. Da todos caballeros a tutti soddisfatti il passo in effetti è breve. E dimostra che il sistema, per essere cambiato, va abbattuto. Con le logiche che ne sono alla base.

Fantastico, sembra di essere tornati ai rutilanti titoli postelettorali dell’Unità e del Popolo ai tempi della prima repubblica: “Crollo DC, il PCI tiene”, diceva la prima se i democristiani perdevano il 2% e i comunisti l’1%. A parti invertite, i toni restavano gli stessi.
Il massimo, poi, era nelle interviste tv: tutti avevano vinto. Male che fosse andata, erano comunque soddisfatti. E in ogni caso c’era sempre qualcuno a cui era andata peggio.
Lo stesso, a trent’anni di distanza, accade in questo melenso giorno dopo le elezioni per l’Inpgi uno e due.
Nessuno, nemmeno se ne è uscito con le ossa rotte, ammette di aver perso. Al massimo si parla di “qualche errore” o di “strategie da rivedere”. Insomma, è stato un successo. Anche se non si è strappato nemmeno un eletto, anche se chi aveva la poltrona l’ha persa, anche se intorno resta buio pesto.
E la cosa più paradossale è che hanno ragione. Perchè in realtà a vincere è stato il sistema. Un sistema a cui tutti, alla fine, si sono adattati, divenendone parte. Il sistema dei partiti, delle coalizioni, delle parrocchiette. Che nel bene e nel male condizionano – anzi, sono proprietari – del voto.
Un voto in cui, va da sè, cointeressi, organizzazione, esperienza, mestiere, mani in pasta, controllo capillare, coesione ideologica o partitica la fanno da padroni. E per l’ennesima volta hanno dimostrato di poter prevalere su qualunque logica di contrapposizione. Perchè la legge è una sola: o si vota con le mie regole o non si vota. E se si vota, poichè le regole sono mie, vinco.
Non voglio stare qui ad imbarcarmi in entomologiche analisi elettorali, materia quantomai nauseabonda.
Dico solo che, se da qualche parte non ho letto male, hanno votato appena il 16% degli aventi diritto (per i dati ufficiali vedi in fondo a questo post). Il che vuol dire che, se così fosse, c’è un partito di maggioranzissima assolutissima che ha rinunciato a comandare. Nel nome della sfiducia che la minoranzissima minoritarissima ha saputo stabilmente infondere nell’elettorato.
Poi ci sono gli abbagli dettati dall’ingenuità, dalla malizia, dall’eccitazione del momento. Si gioisce sbagliando i conti, o confrontando numeri non omogenei. Le percentuali si contano sui votanti, ad esempio, e non su quelli che votarono quattro anni fa. Un arco di tempo il cui il giornalistificio ha vomitato non a caso “aventi diritto” a bizzeffe, mutando pesantemente gli equilibri.
Per non dire di chi sciaguratamente confida nell’effetto-tempo e si consola valutando che, vabbè, rappresentanti nessuno ma come coalizione abbiamo preso parecchi voti, la prossima volta vinceremo. Domanda: con quest’andazzo professionale, ci sarà una prossima volta? E ci saremo ancora per votare? Mah!
Fa finta di nulla perfino chi il meccanismo lo conosce a menadito e quindi è perfettamente consapevole del perchè sono arrivati certi rovesci, ma siccome proclamarlo porterebbe ad esiti sovversivi, meglio tacere e sviare il discorso.
Ci sono, infine, quelli che tacciono del tutto. O si limitano a sorridere, perchè non hanno bisogno di strepitare. Sono i veri vincitori. Gli eletti e i loro elettori. I portabandiera di un sistema collaudato, a cui non serve agitarsi perchè la macchina procede in automatico. E’ bastato muovere le truppe cammellate, far circolare gli ordini tramite qualche mailing, richiamare i soldatini all’ordine.
L’elevata entropia con cui ci si avvicinava a queste elezioni mi era piaciuta (qui) e mi aveva, al tempo stesso, reso inquieto. Sentivo puzzo di bruciature prossime venture.
Sia chiaro, magari gli eletti sono in gambissima e possono garantire una gestione oculata dell’ente come e più dei non eletti. E’ ciò che mi auguro. Ma io ne faccio una questione di metodo, non di persone.
Intanto ieri sera a cena una collega mi fa: “Io ho dato tutti e quattro i miei voti”.
“Come quattro”, faccio io, “non sei iscritta all’Inpgi 2?”.
“Sì”, fa lei, “ma mi sono arrivate quattro schede. Così sono andata sul sito dell’Inpgi e ho votato elettronicamente“.
“Per tutte e quattro?”, trasecolo. “E il sistema te l’ha permesso?”.
“Certo”.
“E magari hai pure la ricevuta“, azzardo io.
“Ovvio”, ha concluso lei.
Olè.
Ora qualcuno capirà meglio il titolo di questo post.

PS: se dei numerosi e stimabili colleghi che ho sobriamente ma insistentemente sostenuto, votandoli e invitando gli altri a votare loro, solo uno è stato eletto, anche questo qualcosa vorrà dire.

Elezioni Inpgi 2012: i dati definitivi dell’affluenza

Hanno votato in 9.951 su un totale di 48.443 elettori con affluenza pari al 20.54%
INPGI 2: l’84,50% dei colleghi aventi diritto non ha votato!!!
Si è chiuso ieri alle 20 il voto ai seggi per il rinnovo degli Organi di amministrazione dell’Inpgi. L’Ufficio elettorale centrale ha rilevato le percentuali totali di affluenza registrate sommando il voto telematico con quello cartaceo.
Per l’elezione dei membri attivi nel Consiglio generale ha votato il 23,77% degli aventi diritto, 5.687votanti (3.772 via web e 1915 al seggio) su 23.928 elettori.
Per i pensionati hanno espresso il voto il 36.41% degli aventi diritto, 1.886 votanti (1018 via web e 868 al seggio) su 5.180 elettori.
Infine, per quanto riguarda il rinnovo del Collegio sindacale ha votato il 24.87%, 7.238 votanti (4.467 via web e 2.771 al seggio) su 29.108 elettori.
Relativamente alla Gestione separata Inpgi 2, per l’elezione del Comitato amministratore è stata registrata un’affluenza pari all’ 15.75%, corrispondente a 4.633 votanti (3.406 via web e 1.227 al seggio) su 29.407 aventi diritto.
Per l’elezione dei rappresentanti dell’Inpgi 2 in seno al Collegio sindacale hanno votato 4.557 elettori (3.330 via web e 1227 al seggio) su 29.407 aventi diritto, con una affluenza quindi pari all’15.50%.