di LORENZO CONTI
Settembre 2021: in bici, da solo, da Firenze al faro di Lampedusa. Nè per sport, nè per solo diletto. Direttamente dalla penna di Lorenzo, detto Isao, il racconto d’un viaggio interiore a due ruote.

 

Un viaggio non finisce“, questo è il titolo del libro che mi piacerebbe scrivere, chissà quando.

Lo intitolerei così perchè, come sempre, ogni volta che torno a casa mi succede di rivivere il viaggio appena compiuto. Con le emozioni, ma soprattutto le paure, che si trasformano in ricordi. E ogni tanto mi tornano agli occhi, durante la giornata. Impressioni visive, diciamo: quelle di amici che durante raid troppo faticosi mi hanno maledetto. Penso a Gabriele, che ho portato in bicicletta fra le abbazie trappiste, o a Giuseppe, che mi ha seguito tra le montagne della Patagonia. Tutta gente che oggi, però, quando ci sediamo davanti a una birra, hanno il piacere di raccontare a sè e ad altri quel vissuto irripetibile.

Io, poi, sono sempre stato affascinato dalla natura. Dalla natura in sè, quella vera, a volte ruvida. Ce l’ho avuta fin da piccolo questa passione: quando tutti i miei compagni di scuola volevano la playstation, io volevo salire sul trattore per seminare le patate. Mi viene in mente una piantina di luppolo che cresceva su un traliccio dell’alta tensione fra il Lazio e la Toscana. Se non fossi partito in bicicletta non l’avrei trovata mai, invece è stata un esempio di forza e di coraggio che mi ha spinto a pedalare fino a Lampedusa.
Stavolta da solo, però.

Perchè avevo anche voglia di conoscere meglio me stesso e di capire quanto davvero riesco ad essere autonomo, indipendente, dal bagaglio a tutto ciò che serve a me e al mio mezzo, ovvero una normalissima bicicletta comprata sotto casa. Le sono particolarmente affezionato, anzi direi che ne sono innamorato. A Catania per paura di un furto, l’ho caricata sulle spalle e l’ho portata a letto con me al quarto piano.

Ma davvero ero da solo? Non del tutto, perchè ogni giorno sono riuscito a incontrare persone che si appassionavano a me e al mio viaggio. Come Bruno di Buoncovento (la mia prima tappa), che la mattina alle sei è venuto davanti al mio appartamento ad aspettare che partissi per salutarmi. O Salvatore di Giarre, sotto L’Etna, che mi vede per strada sotto l’acqua, tutto sporco di cenere del vulcano, e a tutti costi vuole il mio numero di telefono per chiamarmi ogni sera e sapere se stavo bene.

Credo sia anche il destino a volte, o la generosità, che porta le persone ad approcciarsi diversamente.

A Campora San Giovanni pensavo di esser finito in una stanza con una proprietaria molto sulle sue, poi invece mi sveglio all’alba e trovo un’abbondante colazione (gratis!) e la signora che aveva voglia di conoscere me e i dettagli del mio viaggio.

Ovviamente non sono mancati i momenti in cui si è affacciata la voglia di mollare, ma è normale.

A Castellabbate in Campania (quella di “Benvenuti al Sud“), guarda caso ai piedi del Parco Nazionale del Cilento, dove non avrei mai immaginato di trovare dei muri come quelli che ho trovato, dopo aver mangiato un hamburger ho avuto dei seri problemi di stomaco e davvero non riuscivo a pedalare. Così, dopo 50 km, decido di fermarmi a Pisciotta, dormo dalle 13 alle 21 e passo tutta la notte successiva con la paura di svegliarmi ancora senza forze. Oppure quando decido testardamente di prendere una strada sterrata sul litorale romano e all’improvviso vengo aggredito dai cani pastore di un gregge che iniziano a mordermi. Lì l’istinto dell’agricoltore mi spingeva a scendere dalla bici e a scacciarli con le cattive, poi però fra me e me dico, “Lorenzo ma chi te lo fa fare?“. Lì per lì non riuscivo a darmi una risposta, ma a posteriori, quando ho cominciato a intravedere la Sicilia dopo lo scollinamento da una dura salita e a coglierne sempre più nitidamente i contorni via via che scendevo sul versante opposto, ecco la folgorazione: era la voglia di inseguire un brivido. Io non sono un supereroe, la mia piu’ che un’impresa mi pareva (e mi pare) un’avventura.

Come quando si apre il portellone del traghetto e scendo a Lampedusa, arrivato con le mie gambe. Mi giro e vedo i miei amici, quelli di un’epoca in cui i ragazzi della mia età cominciano ad afflosciarsi perchè il loro destino è quello della vita in ufficio con il fine settimana libero, mentre io mi ritrovo libero un lunedì qualunque a pedalare da solo in Calabria e mi sento vivo.

Credo sia questa la motivazione che ogni volta mi spinge a partire a piedi o in bici: un modo per riuscire a dare un valore anche a una doccia calda dopo una giornata sotto la pioggia.

 

Ed ecco una piccola cronistoria…

 

  • 21 Settembre, Buonconvento. Entusiasmo e voglia di mangiare km.
  • 22 Settembre, Vetralla. Gambe pesanti continuo a pedalare ma non vado, poi mi accorgo che sto facendo 1500 metri di dislivello, una birra a Viterbo mi salva.
  • 23 Settembre, Roma. Non mi sembra vero, sono nella capitale! Nelle cuffie mentre percorro il centro città suona ”For What it’s Worth” dei Buffalo Springfield.
  • 25 Settembre, Napoli. Stasera mi mangio una pizza ma poi per arrivare all’ostello di Ercolano ci sono 10 km sui sampietrini. il mio culo sedere ringrazia.
  • 27 Settembre, Ascea Marina. Sto male, stamani non riesco a pedalare, in lontananza mi sembra di sentire la canzone ”The end ” dei Doors.
  • 28 Settembre, Roccagloriosa. Sto meglio, ho appena fatto una salita durissima, adesso devo stare attento a cosa mangio, penso, ma nel frattempo mi faccio cinque cornetti alla Nutella.
  • 29 Settembre, Cetraro. Mi difendo dalla pioggia dentro la cabina di uno stabilimento balneare che passa ancora terrificanti canzoni estive, che tristezza!
  • 30 Settembre. Per arrivare a Vibo valentia da Pizzo calabro ho fatto una salita di un’ora e venti, poi per fortuna è tutta in discesa fino a Gioia Tauro. Qui 2 birre e mangio 4 arancini, la dieta del ciclista perfetto.
  • 1 Ottobre, Sicilia. L’emozione mi appanna gli occhi e non riesco a fare foto.
  • 2 Ottobre, Giarre. Coperto di cenere da capo a piedi, piove. Entro in una pasticceria tutto sporco, non mi sento a mio agio, ma nonostante tutto mangio due cannoli e una sfogliatella e sono felice.
  • 3 Ottobre. Taglio la Sicilia in due, uno dei percorsi piu’ belli, fa caldo, sono a torso nudo, ascolto  Madonna, i km volano, arrivo a Gela. Salvo, conosciuto per strada, mi offre una birra, diventiamo amici.
  • 4 Ottobre, Porto Empedocle. Ce l’ho fatta! Ma forse la nave non parte, c’è brutto tempo, alle 18 mi dicono che parte, sono felice anche se sto seduto in un bar da 9 ore in attesa di partire. Arrivo a lampedusa, sono stanco, ho fame, la prima cosa che faccio non è lavarmi, ma andare al Bar dell’Amicizia a mangiare una mega brioche col gelato.