di LORENZO COLOMBO
Terre di Franciacorta doc (rosso) e Curtefranca doc (bianco) annata 2006: in due bottiglie di Villa Franciacorta, la storia del “passaggio” da una denominazione all’altra. Per colpa di un Cabernet Franc che non era tale…

 

Anno Domini 2006: in Francacorta la situazione era la seguente.

Nel 1993 un cambio nel disciplinare aveva stabilito che lo spumante potesse essere prodotto “unicamente” tramite la rifermentazione in bottiglia, eliminando in etichetta la dicitura “Metodo Classico. Nel 1995 il vino otteneva – prime bollicine italiane prodotte con quella tecnica – la Docg. Tipologie ammesse: Franciacorta, Satèn, Rosé. Per tutte era prevista inoltre la menzione Millesimato. I vitigni utilizzabili erano Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero. Nel Satèn non era ammesso il Pinot nero, che invece diventava obbligatorio (minimo 15%) nel Rosé. Seguiromo altre modifiche di disciplinari, irrilevanti ai fini di quest’articolo.

I vini fermi prodotti sul territorio, sia bianchi che rossi, si chiamavano invece Terre di Franciacorta Doc. Per i primi i vitigni ammessi erano gli stessi del Franciacorta, per i rossi si invece prevedevano invece almeno un 25% di Cabernet (sia Franc che Sauvignon), almeno il 10% di Nebbiolo, altrettanto di Barbera e altrettanto di Merlot, più eventualmente altri vitigni a bacca rossa. La produzione totale del 2007 era stata di poco meno di 8,4 milioni di bottiglie (circa la metà rispetto ai numeri odierni), con 96 d’aziende associate al consorzio.

Il nuovo disciplinare del 1993 stravolse completamente le regole, soprattutto per i rossi.

La prima modifica significativa riguardava il nome: “Terre di Franciacorta” veniva sostituito con “Curtefranca”,  per evitare qualsiasi confusione con le bollicine. Nei bianchi cambiavano le percentuali dei vitigni: Lo Chardonnay diventava il principale, con un minimo del 50% (d’altra parte quest’uva copre oltre l’80% della superficie vitata del territorio), mentre agli altri due vitigni era riservato l’altro 50%.

I rossi videro invece cambiare nettamente la loro composizione, come segue: Cabernet franc e/o Carménère per un minimo del 20%, Merlot per un minimo del 25%, Cabernet Sauvignon da un minimo del 10% ad un massimo del 35%; inoltre si potevano utilizzare altri vitigni a bacca rossa per un massimo del 15%.

Cos’era successo? Perché di questo drastico cambiamento?

Il motivo principale fu la scoperta che buona parte di quello che sino ad allora era stato considerato Cabernet Franc in realtà era Carménère, vitigno riconosciuto proprio dal disciplinare nel 2008. La modifica diventava quindi indispensabile se non si voleva incorrere in sanzioni per mancato rispetto del disciplinare.

Questa lunga premessa era indispensabile per illustrare la degustazione dei due vini di cui stiamo parlando perchè, pur prodotti  dalla stessa azienda ed ambedue nel 2006, riportano in etichetta Curtefranca doc per il bianco e Terre di Franciacorta doc per il rosso.

Prima però due parole sul produttore.
Villa Franciacorta non è solo un’azienda, ma un borgo medioevale del XV secolo in comune di Monticelli Brusati.
Venne acquistato nel 1960 da Alessandro Bianchi, poi tra i fondatori del Consorzio, andatosene purtroppo poco più di un mese fa a 85 anni a causa del maledetto Covid-19.

Le prime etichette di vini fermi risalgono al 1974 e quattro anni più tardi vedono la luce i primi spumanti. E da allora che l’azienda si dedica unicamente alla produzione di vino. Oggi dispone di 37 ettari a vigneto, per una pèroduzione di 300mila bottiglie.

E ora veniamo ai vini,

Diciamo subito che all’apertura entrambi i tappi non si presentavano molto bene (le bottiglie sono sempre state conservate coricate): quello del bianco presentava una chiazza di muffa scura sotto la capsula, brutto presagio, mentre il sughero del vino rosso era bagnato sino a metà della sua lunghezza. All’assaggio, però, nessuno dei due ha rivelato alcun problema, se non una nota evolutiva (soprattutto nel rosso).

 

Curtefranca Bianco Doc “Pian della Villa” 2006

Le uve, Chardonnay in purezza, provengono da un vigneto pianeggiante posto di fronte all’azienda, ai piedi della collina Gradoni, della quale condivide la tipologia di suoli, un cru aziendale di nome Pian della Villa.
I sistemi d’allevamento utilizzati sono il Guyot ed il Silvoz modificato, con densità d’impianto di 4.500 ceppi/ettaro, con resa di 80/95 q.li /ha.
La vendemmia è leggermente tardiva in modo d’avere la piena maturità del frutto; la fermentazione si svolge in acciaio -dopo criomacerazione delle uve- dove il vino rimane sino a primavera, viene quindi posto in barriques dove rimane sino all’autunno, dopo l’imbottigliamento soste per almeno dodici mesi in bottiglia.

Molto bello il colore, oro luminoso, limpido, ricorda l’olio.
Intenso all’olfatto dove si coglie immediatamente una nota tostata che rimanda al caffè ed alle fave tostate, segno che, nonostante siano passati diciotto anni, il legno non è ancora stato completamente assorbito, perlomeno al naso, emergono poi fiori di tiglio e d’acacia, note di miele e sentori di frutta tropicale e di mela matura.
Morbido al palato, dove percepiamo sentori di nocciole tostate e di vaniglia, pesca gialla ed albicocca matura, buone sia la vena acida (leggermente agrumata) che la nota sapida che donano freschezza al vino, lunga infine la sua persistenza.

 

Terre di Franciacorta Rosso Doc “Gradoni” 2006

Le uve per la produzione di questo vino – frutto di un’accurata selezione- provengono dal vigneto Gradoni,  un vero e proprio cru aziendale situato sulla collina alle spalle dell’azienda.
Il sistema d’allevamento è il Guyot con densità di 4.000 ceppi/ettaro e resa di 60-80 q.li/ha.
Si tratta di un classico taglio bordolese con 30% di Cabernet franc e parti uguali di Cabernet sauvignon e Merlot.
La fermentazione si svolge in acciaio mentre l’affinamento, per dodici mesi, in barriques, seguito da ulteriori diciotto mesi di sosta in bottiglia.

Color granato profondo, l’unghia presenta riflessi aranciati.
Chiuso all’inizio, anche dopo averlo scaraffato, austero, presenta note di goudron e sottobosco, radici e liquirizia, unitamente a sentori balsamici, mentolati e leggermente speziati.
I tannini sono netti, il vino è asciutto ed ancora fresco, con una vena acida ancora ben presente, tornano i sentori di radici, chiude con buona persistenza su ricordi di bastoncino di liquirizia.

 

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