Esalogo-ultimatum elettorale per i candidati che da giorni frignano per avere il mio voto domani, dopodomani e domenica 24 ottobre

 

In Inghilterra dicono che piovonocats and dogs“. Dalle mie parti, più modestamente, si dice che piovono “come Dio la manda“.

Parlo di santini, liste, impetrazioni, promesse e proclami che i candidati alle elezioni per il rinnovo delle cariche dell’Ordine dei Giornalisti, previste in forma elettronica domani e dopodomani e in presenza domenica 24 ottobre, inviano con toni confidenzialissimi a colleghi che nel 95% dei casi non hanno mai visto in faccia, che se li hanno visti non sanno come si chiamano, che se sanno come si chiamano non li salutano incontrandoli per strada e di cui, se li salutano, alle spalle parlano malissimo.

Niente di grave, è l’umanità pedestre della politica che in questa cruciale fase propagandistica investe tutti, me compreso ovviamente.

Ecco quindi la mia ufficiale dichiarazione di voto. Voterò quei candidati i quali, prima di domani, mi manifesteranno per iscritto (scripta manent…) il loro impegno a:

  • contrastare senza quartiere l’abuso della professione e del titolo professionale: sono stufo (eufemismo) di leggere le marchette di gente che, autoproclamandosi giornalista senza esserlo, si spaccia come tale, lo mette sui biglietti da visita e sui social, spesso con l’impudenza di qualificare e intervistare impostori che, come lui e quindi complici, la qualifica non ce l’hanno nè la potrebbero avere, perchè svolgono attività incompatibili col giornalismo;
  • sostenere con forza il principio che “giornalista è chi giornalista è” e non “chi giornalista fa”, perchè se io cambio una lampadina non posso qualificarmi elettricista e se metto un cerotto non posso qualificarmi medico o infermiere;
  • battersi affinchè l’OdG venga riformato e preveda per tutti un severo esame di abilitazione, a prescindere da elenchi, sottoqualifiche, titoli di studio;
  • impegnarsi affinchè l’accesso all’esame sia condizionato alla dimostrazione di una capacità reddituale minima e non irrisoria o simbolica, il che equivale sia a dire che il giornalismo è una professione e non un hobby, come è diventato oggi, sia ad istituire un tariffario di fatto delle prestazioni, tale da far sì che nessuno abbia più alcuna convenienza nè possibilità di lavorare gratis;
  • perseguire una riforma della previdenza giornalistica basata su due evidenze-emergenze: che la professione si regge oggi sul lavoro autonomo, il quale quindi necessita di un sistema previdenziale non di facciata, quale è invece oggi quello assicurato dall’Inpgi2, e che il futuro della previdenza della categoria non può in alcun caso essere affidato ad enti in balia di correnti e tornaconti sindacali;
  • esprimersi a favore della pluralità sindacale o, in subordine, di una radicale rifondazione sindacale, preso atto della dissoluzione dell’Fnsi.

Coraggio colleghi, sono tutt’orecchi!

E ricordatevi che quelli che la pensano come me sono tanti, ma tanti…