Si dividono in utili, inutili e indirettamente utili. E questi ultimi sono i più preziosi, perchè spesso costituiscono l’involontario combustibile dell’informazione.
Come chiunque faccia questo mestiere, sono alluvionato di comunicati stampa e credo non ce ne si debba lamentare, visto che riceverli fa parte del lavoro.
Di solito li leggo, o almeno li scorro, tutti, perchè da ognuno si può trarre qualcosa di buono.
Li divido in tre categorie:
- i comunicati con notizia: sono i più “normali”, da essi trai un’informazione che ti può essere utile o da cui prendi spunto per servizi, approfondimenti, aggiornamenti sull’argomento de quo.
- i comunicati senza notizia: sono i più numerosi, i più noiosi e, fatalmente, anche i primi a finire nel cestino, sempre tuttavia con una punta di solidarietà verso i poveri colleghi che sono costretti dal committente a scriverli e a inoltrarli nonostante il vuoto pneumatico di contenuti.
- i comunicati di costume: sono quelli che parlano di una cosa, ma non volendo o in modo indiretto te ne rivelano un’altra e quindi risultano giornalisticamente indispensabili. Da essi, cioè, intuisci tendenze, costumi, strategie, dettagli utilissimi per tenere sempre desto il monitoraggio sui fenomeni sociali, ovvero la linfa dell’indagine giornalistica. Da un calcolo occhiometrico, il 50% dei miei servizi e reportage è nato dalla lettura di un press release rivelatore. Dello stretto oggetto del quale non ho poi fatto la minima menzione nell’articolo, ma che era stato la scintilla capace di dare fuoco alle polveri cerebrali del cronista.
Dunque un ringraziamento ai tanti giornalisti che, curando uffici stampa, si sbattono ogni giorno e talvolta devono pure beccarsi dei rimbrotti (compresi i miei) per colpe che non sono loro, ma più spesso ti danno, volenti o meno, una gran mano.