Abbiamo cominciato praticamente insieme al Giornale di Montanelli, sotto l’ala di Luigi Cucchi. Ci siamo incontrati spesso, all’epoca, nell’ufficio del capo e altrove. Due parole, qualche battuta. Poi lui a Milano, io a Firenze. Un po’ per la distanza, un po’ per la timidezza e un po’ per la scarsità di frequentazioni, non facemmo in tempo a diventare amici e la professione ci indirizzò presto su strade diverse.
Da allora, era il 1989 forse, non ci siamo più incontrati.
Ho seguito nel tempo, con compiaciuta distrazione, la tua brillante carriera di critico e di giornalista letterario, nonchè una dilatazione fisica che i suoi 24 anni di allora non facevano presagire.
Non avevo tue notizie dirette da tempo. Fino a stamattina, quando ho letto che sei mancato.
Ci sono rimasto male. Non solo per la stima che avevo di te e per i pochi lacerti rimasti di una conoscenza superficiale, ma perchè quando muore qualcuno con cui hai condiviso i primi e incerti passi di un lungo cammino, è come se sparisse anche un po’ della tua storia. E’ come se qualcosa ti ricordasse che il tempo è trascorso fatalmente, anche se tutti facciamo finta di nulla.
Ogni tanto mi capitava di leggere la tua rubrica, “Il Criticone”.
Ciao, criticone.