E’ scomparso ieri a nemmeno sessant’anni Giacomo Di Iasio, un collega con cui ho condiviso – prima che le carriere prendessero strade diverse – i primi anni della professione. Non lo vedevo da tempo, anche se ci sentivamo ogni tanto. Ora non succederà ancora.

Quando ti conosci che sei professionalmente in fasce e poi fai un lungo percorso parallelo, perdendoti e ritrovandoti ciclicamente, tendi sempre a credere che il tuo compagno di viaggio sia quello che avevi conosciuto allora, dieci, venti, trent’anni prima. Un po’ perché i lunghi intervalli fanno crescere il numero delle cose da raccontarsi, un po’ perché il primo imprinting è quello che non si scorda mai.
Così, io mi ricordo del giovane Giacomo Di Iasio che lavorava da principiante o quasi all’ufficio stampa del Consiglio Regionale della Toscana e io che da altrettanto principiante muovevo i primi passi come corrispondente di fatto da Firenze per l’allora Giornale di Montanelli.
Il quel periodo ci frequentammo parecchio, quasi tutti i giorni, per qualche anno. Poi le carriere si divisero, io mi dedicai a altre cose, lui si trasferì altrove e il destino ci ha fatto reincontrare così alcune volte, sempre per ragioni di lavoro, ma con lunghe pause. Ogni volta stessa cordialità, pacche sulle spalle e qualche risata sui tempi andati.
Poi adesso accendo il pc e trovo messaggi di cordoglio. Io non sapevo neppure che fosse malato. Eravamo amici, non eravamo amici? Solo colleghi che si stimavano? Boh, non è che abbia troppa importanza.
So soltanto che in questo 2011 è la quinta volta che mi tocca scrivere un post in memoria di qualcuno che è scomparso e che non aveva neppure sessant’anni.
E non è bello.
Adieu.