Brunello Riserva 2017 e Brunello 2018: a Montalcino due annate a loro modo interlocutorie, con connotati precisi e non memorabili, ma coerenti a se stesse. Ecco come le ho viste io.

 

Venerdì e sabato scorsi, a Benvenuto Brunello 2022, in meno di un giorno e mezzo ho assaggiato alla cieca 124 campioni: tutte le trentacinque Riserva 2017, le settantaquattro Annata 2018 e una quindicina di altri assaggi palesi che ho fatto in incontri, cene, degustazioni private, etc.

Insomma un’idea credo di essermela fatta.

Tirate le somme, vedo che mi “mancano” alcune aziende importanti che, avendone il tempo, avrei testato volentieri ma, essendo materialmente impossibile degustare oltre duecento vini in tre mezze giornate, penso che sia il prezzo da pagare per un test generale senza condizionamenti.

A chi si chieda come abbia potuto degustare al buio bottiglie non vestite da una “tonaca” e quindi scoperte, la risposta è che basta prima avvertire il sommelier di non mostrare le etichette e poi non guardare quando viene servito il vino. Facile, se si vuole. Ciò detto, resta il mistero del perché i campioni non siano stati comunque resi anonimi in partenza, visto che viene distribuita a tutti una lista per poterli riconoscere e chiederli “in chiaro”.

Come ci si aspettava, le Riserve 2017 si sono rivelate non un granchè: lo dimostra anche il numero relativamente basso di campioni presenti in assaggio. Frutto di un’annata calda e siccitosa, foriera di risultati alterni, il millesimo ha presentato vini pronti e con tannini abbastanza marcati. Direi che sono da bere subito o presto e presi per ciò che possono dare, ossia quella piacevolezza e spensieratezza oggi definita “gastronomica”.

Devo aggiungere, per correttezza, che la mia degustazione è stata contrassegnata dalla mancanza di autentici picchi, sia nel bene che nel male, e che la scelta dei produttori sotto citati è fatta in base ai soli assaggi alla cieca.

Tra i migliori che ho sentito, mi piace dunque menzionare:

  • Ridolfi Riserva 2017 Mercatale per il suo equilibrio generale: sobrio, coerente al tipo e all’annata, ampio ed elegante al naso e con una bella profondità al palato;
  • Mocali Riserva 2017 per la sua precisione: soprattutto in bocca è arioso e godibile, al naso è più screziato ma intrigante;
  • Tenuta Poggio il Castellare Riserva 2017 Pian Bossolino per la sua linearità: un Brunello classico, con una apprezzabile corrispondenza tra naso e bocca, elegante e al tempo stesso solido;
  • Poggio dell’Aquila Riserva 2017 per la sua piacevolezza: all’olfatto ha la giusta complessità, in bocca è pieno e gentile.

Più difficile il discorso sui Brunello 2018, un’annata che da subito, nel bicchiere, è sembrata un po’ divisiva: c’è chi ne ha eccepito la forse eccessiva leggerezza, chi invece proprio per questo l’ha apprezzata. Da autorevoli colleghi presenti ho raccolto giudizi generali eloquenti: “aggraziato”, “sottile”, accogliente”, “promettente, ma…”, “elegante”. Insomma nessuno che ne abbia sottolineato la potenza, il corpo, il nerbo. E mi sarei stupito del contrario.

Nel complesso la mia impressione – con tutte le singole eccezioni che un giudizio simile può comportare, si capisce – è quella di vini un po’ interlocutori, molto agili (qualcuno molto perfido li ha bollati come Brunello-sottiletta), a volte quasi impalpabili, il che non è esattamente ciò che ci si aspetta a Montalcino. Al tempo stesso, però, se si esce dall’ottica delle aspettative per il tipo e si entra in quelle per l’annata, notoriamente così così, gli assaggi inducono a riconoscere una certa coerenza di causa-effetto: tannini talvolta troppo marcati e amari, nasi delicati al limite dell’evanescenza ma spesso con una loro piacevolezza floreale e fresca.

Al netto di pochi campioni oggettivamente modesti e di una grande maggioranza piazzatasi su un livello medio, i miei migliori assaggi sono stati i seguenti:

  • Matè Brunello 2018: un bel naso croccante, floreale, vivo, senza inflessioni né cedimenti e una bocca limpida, precisa e pulita, coerente e piacevole;
  • La Colombina Brunello 2018: naso fragrante, profondo e complesso, agile ma molto “brunelliano” anche in bocca;
  • La Casaccia di Franceschi Brunello 2018: all’olfatto è elegante ma compatto, verticale e identitario, in bocca ha spessore e corpo tangibili;
  • Fanti Brunello 2018: al frutto fine ed elegante fanno riscontro una bella pulizia generale e una profondità apprezzabile;
  • Fornacina Brunello 2018: un vino molto tradizionale al naso e al palato, intenso nei profumi e con una bocca tipica, che fa pensare a una buona longevità;
  • Giodo Brunello 2018: all’olfatto è confortantemente classico, pieno, rotondo, in bocca è più agile ma in generale un vino pronto e piacevole.

 

Quanto alle impressioni e alle note sulla manifestazione in generale, rimando ad un prossimo post.