di LORENZO COLOMBO
Rosso di Valtellina 2004 Ar.Pe.Pe.: poco considerato dagli stessi produttori, questo Nebbiolo di quasi vent’anni spicca, senza cedimenti, per eleganza e integrità. E dà il massimo col coniglio in umido…
Ar.Pe.Pe. è un nome che tutti gli appassionati di vino conoscono: l’azienda, fondata nel lontano 1860 è giunta alla sua quinta generazione attraversando anche momenti bui che hanno avuto il culmine nel 1973, quando Arturo Pellizzatti Perego fu costretto a cedere azienda (che allora si chiamava Pellizzatti) e nome.
Già dieci anni dopo, nel 1984 Arturo si è però rimesso in gioco, rientrando in possesso di una parte dei vigneti nella sottozona del Grumello e, non potendo più utilizzare il proprio nome, battezzò la sua nuova azienda con il suo acronimo: Ar.Pe.Pe.
Altra data fondamentale nella storia aziendale è il 2004, anno che segna la definitiva entrata in campo dei tre figli di Arturo: Isabella, Emanuele e Guido e, curiosamente, anno del vino che ci accingiamo a degustare.
Il Rosso di Valtellina è in genere un vino poco considerato dagli stessi produttori, che preferiscono di gran lunga realizzare i Valtellina Superiore (e lo Sforzato). Si tratta in pratica di una denominazione di ricaduta che può essere prodotta nell’intera zona vitata della provincia di Sondrio, da Ardenno a Tirano, includendo anche vigneti situati sul versante delle Orobie, sulla sponda sinistra dell’Adda. Spesso è frutto di uve allevate nelle zone marginali e meno vocate della Docg, le zone più basse e più alte (oltre i 650 metri), oppure è prodotto da vigneti giovani, le uve dei quali non sono ancora ritenute adatte all’utilizzo nei Valtellina Superiore. Il suo affinamento obbligatorio è minimo, sei mesi a partire dal 1° dicembre dell’anno della vendemmia e non è obbligatorio l’uso del legno.
La produzione nel 2021 è stata di 3.275 ettolitri, per un totale di 747.000 bottiglie a fronte di 18.800 ettolitri e 1.576.000 bottiglie di Valtellina Superiore e di 2.440 ettolitri e 330.000 bottiglie di Sforzato.
Prodotto per la prima volta nel 2003 come conseguenza di un’annata dall’andamento climatico torrido (quest’anno forse è peggio), tanto che l’azienda non ritenne le uve adatte a produrre i Valtellina Superiore Docg, si è ritagliato nel corso degli anni uno spazio di tutto rispetto all’interno della gamma di prodotti aziendali.
Il vino che andiamo ad assaggiare è dunque frutto della seconda annata prodotta, affinato per due anni in vasche d’acciaio è stato poi posto per tre mesi in botte grande. Ne sono state prodotte 14.000 bottiglie.
Il color mattone con unghia aranciata denuncia perfettamente la sua età.
All’inizio anche il naso, compresso, anche se integro, non ci entusiasma più di tanto, ma in pochissimo tempo il vino s’apre, su note terziarie ovviamente e vi cogliamo fiori appassiti, frutta secca e note balsamiche. Media la sua struttura, certamente in gioventù non sarà stato un campione di body building, ma il tempo l’ha un poco smagrito.
L’eleganza però c’è tutta, il vino è sapido e succoso, ancora fresco, con una bella vena acida e tannini in equilibrio, si percepiscono sentori di radici, notevole l’armonia gustativa, buona la sua persistenza.
Un vino senza cedimento alcuno, a quasi vent’anni dalla sua vendemmia.
“Il giusto tempo del Nebbiolo”, come riportato in home page del sito aziendale.
Ps: siamo andati alla ricerca di informazioni su questo vino (dell’annata 2004 ovviamente) e abbiamo trovato che la Guida Duemilavini di AIS del 2008 gli assegnò 4 grappoli, una valutazione eccellente per un vino che a quel tempo costava meno di 10 euro.
Ps 2: attualmente il Rosso di Valtellina di Ar.Pe.Pe viene prodotto con uve provenienti da vigneti situati tra i 350 ed i 600 metri d’altitudine che danno una resa di 50 ettolitri/ha. La fermentazione si svolge in tini troncoconici di legno da 50 ettolitri con una macerazione sulle bucce che può arrivare ad oltre due mesi, il suo affinamento avviene in botti da 50 ettolitri dove sosta per cinque mesi, prima d’essere posto in vasche di cemento.
Ne vengono prodotte oltre 90.000 bottiglie/anno.
Ps 3: noi ce lo siamo gustato con un coniglio in umido con funghi porcini secchi e dobbiamo dire che si è trattato di un abbinamento azzeccato.
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