In due anni l’investimento terriero della famiglia Hands nel Pisano è passato da 720 a 1.412 ha. Ma le vigne non andranno oltre i 90, divise in piccoli blocchi “per garantire la sostenibilità e la qualità massima per ogni vitigno“, dice il dg David Landini. I vini? Ne abbiamo riassaggiati quattro.

 

Nell’epoca delle mega acquisizioni vinicole, delle fusioni societarie, della finanziarizzazione e dei passaggi di mano tra grandi investitori di primari marchi del mondo del vino, quello di Villa Saletta – proprietà toscana dalle parti di Palaia, provincia pisana, dei magnati inglesi della famiglia inglese Hands (finanza e dell’hotellerie di lusso) – si potrebbe definire un caso più unico che raro di risiko agrario. Cioè di investimento rivolto strategicamente prima alla titolarità dei beni che alla loro immediata destinazione o allo sfruttamento del loro immediato potenziale economico.

La prova sta nei numeri: se nel 2021 l’azienda contava 720 ettari, oggi gli ettari sono diventati 1.413. Praticamente il doppio. “A luglio 2022 fu acquisita la vicina tenuta di San Gervasio, di 373 ettari, mentre nel 2023 è arrivata anche parte dei terreni e degli immobili della confinante tenuta di Montefoscoli, per altri 320 ettari”, spiega l’amministratore David Landini, l’agronomo ed enologo toscano che dal 2015 si occupa della direzione tecnica di tutte le attività aziendali, tra cui vino, olio, grani, erbe, frutta, ortaggi e un megaresort “a sette stelle” in divenire nel borgo medievale di Villa Saletta e nei poderi-villa circostanti.

Un quadro variegato e decisamente singolare, in cui la componente vinicola recita un ruolo sì fondamentale, ma non preponderante: nel biennio indicato i vigneti sono passati infatti dai 30 ettari (di cui 13 in divenire) del 2021 ai 50, di cui 18 a regime, del 2023. “La superficie massima aziendale destinata alla vite non andrà comunque oltre i 90 ettari”, conclude Landini.

E anche in questo sta una precisa scelta di fondo: individuare i terreni più vocati per reimpiantarvi ex novo dei vigneti, anziché conservare quelli già in essere al momento dell’acquisizione. “In tutta la tenuta – continua Landini – è stato svolto uno studio pedologico e geologico di precisione per identificare le zone più idonee, al fine di ottenere in bottiglia la massima qualità. Sono stati così individuati 50 ettari. Sempre nell’ottica di ottenere un livello qualitativo altissimo sono stati creati vigneti mai più grandi di 7 o 8 ettari, per avere blocchi sostenibili in termini di gestione e ben integrati con i boschi e l’agricoltura circostanti, nonchè ideali per le diverse varietà dei vitigni che abbiamo scelto di coltivare: Sangiovese, Cabernet franc, Cabernet sauvignon e Merlot. Niente bianchi, quindi”.

Avevamo assaggiato alcuni anni fa i vini di Villa Saletta e li abbiamo riassaggiati di recente a Il Vecchio e il Mare di Firenze in occasione del roadshow che l’azienda ha organizzato nelle pizzerie gourmet di alcune città italiane.

Villa Saletta Rosè 2021.

Fatto in parti uguali di Sangiovese, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, di colore mattone aranciato, ci ha colpito per la notevole personalità, inattesa in un vino del genere: ha un bouquet intenso, pieno, con note di pietra focaia e di ciottoli asciutti, mentre in bocca è sostenuto da una marcata acidità e da una sapidità che si prolunga nel retrogusto. Poca produzione (5mila bottiglie). Bene l’abbinamento col padellino di porchetta di mare e patate sfogliate.

Chiave di Saletta Toscana Rosso Igt 2018.

Da uve vinificate separatamente di Sangiovese (50%), Cabernet sauvignon (20%), Cabernet franc (10%) e Merlot (20%) secondo la tecnica della fermentazione “integrale” bordolese a botti chiuse, fa l’affinamento in barrique di secondo e terzo passaggio. Un vino di colore quasi impenetrabile che al naso è assai compatto e evoca frutti rossi scuri e maturi, molto internazionale. In bocca il tannino è importante e contribuisce a una struttura che tradisce ancora qualche traccia di legno di troppo. Circa 13mila le bottiglie prodotte. Interessante l’accoppiata con la pizza alla pala al peposo di tonno, pecorino Juncu e spinacino fresco.

Saletta Giulia Toscana Rosso Igt 2018.

E’ un cru da una vigna di soli due ettari, fatto il con 60% di Cabernet Franc e il 40% di Cabernet sauvignon. Dai riflessi bluastri emergono sentori di grappolo maturo e caldo, di more schiacciate e accenni speziati. In bocca è denso, molto ricco, quasi pastoso nella sua struttura solenne che strizza l’occhio ai palati d’oltremare. Circa 10mila le bottiglie prodotte. Molto bene nel suo genere, ma si “mangia” letteralmente la pur ottima pizza margherita con fiordilatte e San Marzano.

Villa Saletta Chianti Superiore docg 2018.

Fatto per il 94% di Sangiovese e per il resto con Merlot e Cabernet sauvignon in parti uguali usando per il 50% botti grandi e per il 50% barrique, ha un bel colore rubino profondo e un naso altrettanto profondo, intenso, marcatamente varietale, appena rotondo e leggermente pungente. In bocca replica questa godibile ampiezza, resa anche più piacevole da una notevole agilità al sorso. Se ne fanno circa 4mila bottiglie. L’accoppiata con la pizza al fiordilatte affumicato, gorgonzola, speck e tarallo napoletano è intrigante.