Le impareggiabili uscite del leader andino al “controvertice” sull’ambiente a Cochabamba, in Bolivia ovviamente. Semplici battute, è chiaro, che forse però nascondono le convinzioni semplici e primordiali di un popolo ancora naif (il che non è un difetto). Il difetto è invece quello di chi, sedotto a priori dalle sirene di una “rivoluzione” purchè sia, acriticamente o maliziosamente scambia una boutade per un messaggio o, peggio, per un progetto politico. Quanto basta a mandare in sollucchero i rivoluzionari di casa nostra, sempre pronti al trip quando si tratta di sniffare roba che sappia di Sudamerica.

I rivoluzionari e gli utopisti (qualcuno dice pure i coglioni) di tutto il mondo lo amano a priori e alla follia come, senza stare troppo a sottilizzare sul contenuto di ciò che in sostanza predicano, amano tutti quelli che vagheggiano la revolucion senza se e senza ma.
A me, personalmente, il leader boliviano Evo Morales, con quel nome (sia detto bonariamente) un po’ ridicolo e la sua aria da capopopolo venuto giù dalla montagna con la piena, suscita un misto di simpatia, di tenerezza e di irritazione. Di simpatia perchè sembra spontaneo e perchè è portavoce di istanze probabilmente genuine, semplici, ragionevoli, di prima necessità, da economia domestica. Di tenerezza perchè su tante cose di buon senso ha ragione, ma non viene compreso dalla contorta mentalità contemporanea. Di irritazione perchè coi suoi atteggiamenti si presta molto facilmente alle strumentalizzazioni e perchè i suoi argomenti, oltre agli indios, mandano in brodo di giuggiole pure i nostri radical chic, i vati in servizio permanente effettivo della rivoluzione purchè rimanga soltanto parlata (magari restando seduti in salotto), gli applicatori di adesivi “ideologici” (immancabile il trittico Guevara-Marley-Morales appiccicato sull’Ape) e gli imbrattatori di muri con lo spray.
Evo Morales, capo di stato indubbiamente “non allineato” per idee, modi, stile e vestiario (ma questo potrebbe non guastare) non è nuovo nemmeno ad uscite estemporanee molto colorite e divertenti, cosa di cui sembra invece incapace il suo torvo sodale venezuelano, l’assai più politico e demagogico Hugo Chavez.
Ma bisogna ammettere che stavolta il sorridente presidente della Bolivia ha superato se stesso. Basta leggersi (sul Corriere della Sera, qui) le cronache del suo intervento al recentissimo controvertice (contro rispetto a quello “capitalista” di Copenhagen dei mesi scorsi) sull’ambiente tenutosi nel suo paese a Cochabamba. Vertice durante il quale, certamente come battuta, ma probabilmente dando sfogo anche a certe convinzioni profonde che di solito albergano nel cuore delle battute più spontanee, avrebbe sciorinato le seguenti perle:
1) i polli con cui si nutre l’Occidente sono gonfiati con gli estrogeni e infatti fanno diventare finocchi (da stabilire adesso che posizione prenderanno nei suoi confronti i numerosi rivoluzionari gay);
2) la Coca Cola è buona solo per stasare i cessi, molto meglio allora dissetarsi con l’autarchica (ma Morales non era socialista?) Coca-Colla (sic!), bibita alternativa locale finanziata dal governo andino, o meglio ancora con l’autarchicissima chicha, il tradizionale fermentato di mais;
3) lo stile alimentare degli occidentali rende calvi (“Avete mai visto – ha ineccepibilmente argomentato il presidente, agitando la zazzera – un indio senza capelli?”) e pertanto è anche la causa della disoccupazione dei parrucchieri.
Impagabile Evo.
Si tratterebbe solo di fenomenali artifici dialettici per catturare immediate simpatie e attirarsi il favore dell’audience, se non ci fosse qualcuno che le prende sul serio e, facendo ampi proseliti tra le fasce meno smaliziate della gente, ci imbastisce pensosi progetti per ribaltare dal basso il cosiddetto ordine costituito, costringendoci a sorbirci su libri e giornali insopportabili predicozzi intrisi di moralismo e in tv noiosissimi comizi camuffati da reportage.
Speriamo solo che una risata di Evo li seppellisca.