Da me intervistato quando le ipotesi di Reeves si basavano solo su simulazioni in 3D e non su misurazioni sul campo, l’archeologo egiziano mi rivelò i motivi della sua perplessità sul possibile “ritrovamento del  secolo”. Interessante rileggerli ora.

Ai primi dello scorso settembre Zahi Hawass, notissimo archeologo ed ex capo del Dipartimento delle Antichità egiziano, è venuto in Italia a presentare il suo nuovo libro (dal titolo, invero un po’ scontato, “Magia delle Piramidi“: 240 pagine, Harmakis Edizioni, 24 euro, un taccuino di nuove scoperte a Giza, memorie e curiosità di mezzo secolo di scavi nel deserto) e a perorare il ritorno del turismo nel paese del Nilo.
Di nessuna delle due cause Hawass è stato però buon profeta. E me ne dispiace, considerato il mio grande amore per l’Egitto.
Da un lato, infatti, prima l’incidente dei turisti scambiati per terroristi nel Sahara e uccisi e poi quello dell’aereo russo abbattuto recentemente dall’Isis sul Sinai hanno messo di nuovo in ginocchio i flussi turistici verso la destinazione africana.
Dall’altro proprio in questi giorni sembra aver trovato conferma (il Ministro delle Antichità egiziano, Mahmoud el Damanti, lo ha dato prudentemente per certo al 90%) l’ipotesi dell’egittologo inglese Nicholas Reeves sul fatto che la (piccola) tomba di Tutankhamon nella Valle dei Re altro non sia che il riutilizzo di parte di una tomba assai più grande, in cui ingresso sarebbe nascosto proprio dal famoso sepolcro scoperto da Howard Carter nel 1922. E che, inviolata, dietro a un’intercapedine ci sia appunto una seconda sepoltura: si vagheggia quella della leggendaria Nefertiti, moglie di Akenhaton, il faraone “eretico” della XVIII dinastia che a metà del XIV secolo a.C. tentò di introdurre nell’antico Egitto la religione monoteistica legata al dio Aton. O quella della sua favorita Kiya, madre di Tutankhamon.
Hawass era estremamente scettico sulla teoria dello studioso britannico.
E me l’ha detto senza peli sulla lingua nel corso dell’intervista che gli feci in occasione della sua tappa italiana, quando ancora la teoria di Reeves si basava su mere simulazioni in 3D.
E’ interessante rileggere ora le parole dell’archeologo egiziano, in attesa di rivelazioni che paiono ormai imminenti sul mistero della KV55.
Questi i sei punti sui quali Zahi Hawass basava la sua confutazione:
1) Reeves fa ipotesi studiando un rendering, ma non ha visitato la tomba vera, quindi le sue per ora sono solo suggestive fantasie;
2) Carter rimase nella Valle dei Re per dieci anni senza trovare nulla;
3) Lo stesso Carter fece saggi su cinque  diversi muri della camera mortuaria, ma senza risultati;
4) Nefertiti non era la madre, ma la matrigna di Tutankhamon: perchè avrebbero dovuto essere sepolti l’uno nella tomba dell’altra?
5) Nefertiti, convertita come il marito Akhenaton al dio Aton e quindi considerata traditrice, è improbabile che abbia trovato sepoltura nella Valle dei Re.
6) Lo stile della tomba di Tutankhamon è tipico della XIX dinastia e non della XVIII.
Aggiungo io che, salvo errori, i resti di Nefertiti mi risulta siano già stati geneticamente individuati in una mummia ritrovata in un’altra tomba nel 1898, la KV35.
Ovviamente non sono un egittologo, ma solo un appassionato, e mi limito a riferire.
Anche se non so che darei per essere lì in questo momento. Perchè sul fatto che, come il georadar rivela, dietro al muro ci siano ampie cavità squadrate, pare ormai non esserci più dubbi.