Cronaca semiseria del piagnisteo di uno che, solo per tornaconto, da pressochè estraneo ora vorrebbe atteggiarsi ad amicone deluso del giornalista.

 

E’ arcinoto che non credo alla balla secondo la quale nel mondo del lavoro dovremmo essere tutti “amici”. A maggior ragione quando, per motivi di ruolo, si sta su fronti opposti, tipo arbitro e giocatore.

Naturalmente nulla impedisce che, in certi casi, amici lo si possa anche essere o diventare. Ma sono eccezioni, non regole. E comunque ci vuole sempre cautela.

Ecco perchè do del lei agli interlocutori con cui non ho confidenza nè frequentazioni, faccio poco comunella e mi astengo dalle familiarizzazioni frettolose, a costo di apparire, come in effetti talvolta appaio, non amichevole o snob, sebbene nella vita quotidiana sia compagnone e gioviale.

Tanto premesso, capirete la mia sorpresa quando un produttore di vino di media notorietà, di quelli che si pavoneggiano perchè frequentano i giornalisti col tu d’ordinanza, ma solo se e fintanto se “contano” (per tornare a ignorarli se perdono influenza o cambiano testata), mi scrive risentito per protestare in quanto in un mio articolo ho citato non lui ma un suo presunto concorrente.

Dovrei forse interpretarlo come un segnale che adesso ai suoi occhi “conto”? Boh!

Il tizio mi conosce da decenni e sa perfettamente chi sono. Eppure (come è nel suo pieno diritto, sia chiaro) non mi ha mai degnato di un saluto, di un invito ad assaggiare, di un convenevole. Mai invitato alle sue pur generose degustazioni. Evidentemente non gli interessava che conoscessi ciò che fa. In parole povere, siamo due quasi estranei e tali si poteva rimanere.

Invece ora costui, nemmeno fossimo commensali abituali, prende carta e penna e, dandomi del tu come al compagno di banco, mi fa una mezza sceneggiata vittimistica lamentando una “discriminazione” ai suoi danni.

Più che irritante, è comico.

Quindi rispondo pubblicamente a lui e ai parecchi come lui. Dicendo che, se e quando avrò l’opportunità di assaggiare i loro vini o di visitare le loro aziende, lo farò volentieri e senza pregiudizi. Scriverò ciò che ne penso se e quando ne avrò l’opportunità. Intendendo per tale quella offertami da un committente, visto che faccio il giornalista di professione e quindi scrivo per lavoro, pagato dagli editori e non da produttori questuanti. Il mio mestiere è il cronista: descrivo ciò che vedo, assaggio, scopro, approfondisco secondo la mia coscienza. Se invitato e disponibile, non rifiuto mai, per rispetto verso chi mi usa una cortesia e verso la professione che ho scelto. Non mi autoinvito, non pietisco.

Allora, per favore, niente ipocrisie o piagnistei.

Sono certo che molti produttori seri, ossia la maggioranza, capiranno al volo il discorso.

 

PS. Un caldo suggerimento: ascolta di più il tuo ufficio stampa, oppure cambialo, perchè certe dritte dovrebbe dartele lui.