Dopo quattro mesi di lavori resta buio pesto sul nuovo statuto dell’INPGI (ex 2) per i giornalisti autonomi, atteso entro il 1/7, e quello che trapela è inquietante. Io intanto ho aderito GAP e sottoscritto il manifesto.

 

A poco più di tre mesi dal 1 luglio (cfr comma 116 dell’art. 1 della finanziaria del 2022), quando i vertici dell’Inpgi dovranno presentare al Governo il nuovo statuto dell’ente, preventivamente approvato dai ministeri vigilanti, perdura il silenzo di tomba ufficiale sull’indirizzo dei lavori in corso.

Nulla di nuovo sotto il sole, per carità. L’omertà dei conducenti, ovverosia della dirigenza, che non gradisce essere disturbata dal volgo degli iscritti e vuol essere “lasciata lavorare”, si protrae. Il che, tradotto, significa che vogliono fare come gli pare anche se i diretti interessati saremmo noi.

Contano infatti gli indiretti interessati, cioè loro.

Il malcontento, le richieste pressanti di un coinvolgimento, gli appelli alla trasparenza e al diritto di essere tenuti al corrente della base (che – ricordiamolo – quella dirigenza e la corrente sindacale dominante che la esprime non rappresentano), sono percepiti come indebite interferenze, insetti fastidiosi, inciampi di percorso in qualcosa che essi ritengono resti profondamente “cosa loro“.

Ma ovviamente chi deve sapere – cioè gli amici, i compari, i militanti, gli elettori fidati e i gestori di tessere – sa eccome.

E qualcosa filtra.

Come tutte le voci, anche queste andrebbero verificate. Peccato che chi dovrebbe confermarle e smentirle siano quegli stessi  chiusi da mesi nella segretissima elaborazione delle nuove regole e che, pertanto, la verifica sia impossibile.

In mancanza di meglio riferiamo quindi ciò che ci giunge all’orecchio, poi ognuno faccia i propri passi e le proprie considerazioni. Hai visto mai che, per rettificare le fughe di notizie, i muti ritrovino la parola?

Dunque pare che succeda quanto segue.

Le proposte sarebbero che il futuro Consiglio generale INPGI (ex INPGI 2) sia composto da 46 consiglieri (cioè uno ogni mille iscritti), eletti su base regionale (finora erano eletti su base nazionale, con una scheda su cui l’elettore poteva votare solo tre nomi e al massimo uno per Regione).

Se l’operazione andasse in porto, ci sarebbe il concreto rischio che le regioni numericamente più piccole, alleandosi tra loro come già accade per le elezioni di Ordine e sindacato, raggiungano la maggioranza per controllare l’INPGI (ex INPGI 2) e possano così amministrarne il ricco patrimonio (736 milioni nel 2020) e il copioso attivo (26,1 milioni sempre nel 2020), garantendo così all’FNSI e alle 20 Assostampa regionali (il “vecchio” INPGI garantiva alla Federazione la bazzecola di 3 milioni l’anno) la continuazione di un lauto quanto arbitrario foraggiamento. Spetterebbe infatti ai 46 consiglieri eleggere il Cda di 5 membri destinato a gestire i conti.

A latere di questa struttura, che pare elefantiaca per costi e dimensioni (oltre ai 46 consiglieri ci sarebbero 70 dipendenti e 20 fiduciari per un ente che eroga pensioni medie di 176centosettantaseieuro al mese), sarebbe interessante conoscere pure quali meccanismi il nuovo statuto ipotizza per le candidature e le elezioni. Ma anche su tutto ciò il silenzio resta plumbeo, si capisce.

Sarebbe ulteriormente interessante sapere di più sugli appetiti e le manovre in corso per la distribuzione delle poltrone a cui la nascita del nuovo Inpgi darà vita e se rispondono al vero le voci di uno scambio di scranni tra vertici federali. Un minuetto che sarebbe già visto e rivisto e, intendiamoci, dettato come sempre da puro spirito di servizio (a pro di chi, fate vobis), visto che al nuovo presidente dell’Istituto andrebbe un misero stipendio da 180mila euro annui: compensi INPGI superiori a questa somma non sarebbero infatti più ammissibili (per fortuna) dopo l’autoriduzione dell’emolumento del Presidente della Repubblica.

Insomma, mentre i forconi restano per ora in cantina, ma pronti all’uso, il conto alla rovescia continua il suo inesorabile cammino e la pazienza scema.

Il mio consiglio a chi già non l’avesse fatto è di sottoscrivere il manifesto dei GAP (ma occhio alle imitazioni gestite dai soliti noti) e di stare in campana, soprattutto se si è giovani e se qualche velleità di riscuotere una pensione non simbolica si culla ancora.

La speranza è che invece quanto sopra venga smentito con notizie certe e precise. Astenersi fuffologi professionisti.