La maggiore delle tre Roches è morta sabato scorso. Sconosciuto ai più, il trio ha a lungo incarnato invece il lato più trasversale e intenso di un certo modo di fare musica, tipico dei circuiti off della metropoli. So long.

 

Soundtrack: “Acadian Driftwood“, The Roches

 

Maggie Roche, la maggiore del trio delle sorelle Roches, è morta sabato 21 gennaio scorso.
So bene che si tratta di un personaggio non notissimo al grande pubblico. Ma so anche della considerazione e del rispetto artistico di cui ella godeva nell’ambiente musicale.
A suo modo, Maggie era stata una protagonista di quella strana, trasversale scena, a cavallo tra i generi e i decenni dell’ultimo quarto del secolo scorso, che fece fulcro attorno a NYC e al Greenwich Village. Era lei il “vocione” di un terzetto capace di mettere insieme l’estro di Paul Simon (a cui fecero da coriste nel 1973) e quello di Robert Fripp, che produsse il loro primo album nel 1979. Una musicista molto americana insomma, ma di quell’americanità newyorkese che, alla fine, è suonata a lungo anche molto cosmpolita.
Personalmente rimasi folgorato da “Nurds“, il secondo disco del gruppo. E da allora le ho sempre seguite nonostante una carriera defilata, marginale, ricca di gemme per soli e fedeli intenditori, apparizioni rarefatte.
Le loro armonie a cappella miste alle radici del cosiddetto “folk“, le collaborazioni, i dischi solisti e in duo e in trio si sono così accavallati nel tempo, senza troppi clamori.
So anche che forse la canzone che ho scelto per ricordare Maggie Roche non è la scelta migliore, ma ritengo questa cover di “Acadian Driftwood” una delle cose più belle mai incise dalle tre sorelle.
So long.