Ferie in corso, tutto tace (o cresce omertosamente nell’ombra) sul rinnovo contrattuale in scadenza il 30 settembre. Col paradosso che le bozze di accordo Fnsi/Fieg in circolazione sembrano la presa d’atto giusta di qualcosa che andava però formalizzata vent’anni prima.

 

L’estate sta volgendo dove, decenni fa, l’indirizzavano i Righeira. E poco dopo la fine dell’estate, per la precisione il 30 settembre, scadrà anche il contratto di lavoro dei giornalisti trionfalmente (si fa per dire, visto che poco ci mancò all’assalto della sede della Federazione Nazionale della Stampa in Corso Vittorio Emanuele a Roma) sottoscritto nel 2014 e disdettato dagli editori appena 18 mesi dopo. Un successone, insomma.
Ma se il tempo stringe, come sempre il sindacato tace.
E’ un silenzio inquietante, perchè non è detto che significhi solo un semplice stato di inerzia.
Potrebbe significare anche che, è già successo del resto, con la nota trasparenza federale in realtà si sta lavorando sotto traccia, nella penombra. E da inquietante, allora, la cosa diventerebbe allarmante, vista la cronica incapacità del (sempre sedicente) sindacato unitario di capire quale sia il reale stato dell’arte nella nostra disgraziata professione.
Come un fulmine a ciel sereno, per la verità, prima delle ferie era venuta fuori la notizia che, sempre alla zitta ovviamente, la giunta dell’Fnsi aveva elaborato una bozza di documento, frutto della trattativa in corso con la Fieg e in risposta alle prime proposte di quest’ultima.
Bozza che aveva sollevato clamore non solo per la consueta omertà sulla sua genesi, ma perchè sembrava venire incontro ad alcune richieste di controparte dirette a ridisegnare fondamentalmente le basi del contratto e il relativo mansionario. Cambiamenti visti ovviamente come fumo degli occhi da quei sedici colleghi che ancora ciecamente confidano nell’inespugnabilità della fortezza contrattuale costruita dal sindacato negli anni belli attorno al mondo del giornalismo dipendente. A scapito, va da sè, dei figli di un dio minore del giornalismo “autonomo”. I quali però, nel frattempo, sono cresciuti di numero a dismisura e fanno sempre più somigliare i contrattualizzati agli irriducibili giapponesi asserragliati negli isolotti delle Filippine a guerra finita.
Il bello è che – dolorosissima questione compensi a parte – nella sua inattesa “apertura” a nuove mansioni, gerarchie e figure professionali il documento dell’Fnsi pareva comunque un passo avanti rispetto alla necessità, assai ben chiara (per proprio tornaconto) agli editori, di adeguare ai tempi e alle nuove tecnologie il profilo contrattuale di una categoria in via di evidente estinzione.
Peccato che l’operazione-resipiscenza sia arrivata con vent’anni di ritardo, una professione distrutta, un sindacato delegittimato. Esattamente come i Righeira:  calzoni a sbuffo degli anni ’80.
Siccome le ferie, soprattutto quelle della ragione, sono sacre e quindi nulla si muove o almeno nulla trapela, non sto a entrare in un dettaglio che potrebbe rivelarsi già obsoleto rispetto a un mese fa.
Ma non posso non rilanciare l’allarme su una trattativa che sembra basata sul diabolico abbinamento di prese d’atto tardive e metodi inaccettabili, visto che poi il sindacato non rappresenta che una modesta percentuale di quelli per i quali, in tutta fretta, sta trattando il rinnovo.
Cave canem.