Surreale (ma mica tanto) episodio nei giorni scorsi a Firenze: alcuni rappresentanti della stampa – di solito desideratissimi, per dimostrare che l’evento è “importante” – messi alla porta per aver fatto domande sgradite e sollevato questioni scomode. Della serie: vi vogliamo solo come veline, a fare scena.

Di portarsele a letto, nemmeno a parlarne. Ma le belle ragazze servono anche solo per farsi vedere in giro, fare un figurone con gli amici del bar, fare ingelosire la ex.
Quando si parla di eventi, conferenze, assemblee pubbliche, i giornalisti sono un po’ la stessa cosa: la loro presenza non è solo gradita, ma addirittura necessaria per dimostrare al mondo che l’occasione è importante ed è seguita perfino dalla stampa. Naturalmente finchè la stampa medesima resta sullo sfondo, muta, fingendo di prendere appunti al cospetto delle imperdibili perle di saggezza dei conferenzieri. Le domande? No, le domande no. Men che meno quelle imbarazzanti, che potrebbero mettere in difficoltà qualcuno. E se un giornalista sgarra, raus!, alla porta.
E’ esattamente quello che è successo giorni fa a Firenze e riportato, con una giusta nota di solidarietà verso i colleghi, dal notiziario dell’Assostampa Toscana. Eccolo:
28 maggio 2011 – Scacciati da un convegno perché colpevoli di aver trovato una notizia scomoda. Quanto è successo martedì scorso in occasione di un convegno sul Parco della Musica a Firenze è grottesco e allarmante al tempo stesso. I cronisti, invitati al convegno, sono stati scacciati dopo che, intervistando alcuni dei partecipanti, avevano fatto venire alla luce una serie di notizie di grande interesse per l’opinione pubblica. Evidentemente, i giornalisti sono graditi solo quando stanno zitti e ascoltano senza fare domande, anche quando in gioco c’è un appalto pubblico da 256 milioni su cui indaga la magistratura e il cui importo lievita progressivamente.
I casi di insofferenza nei confronti dei giornalisti si stanno moltiplicando a Firenze e rischiano di trasformare la città in un laboratorio alla rovescia in materia di libertà di informazione.
Nel condannare l’atteggiamento insopportabile di enti e istituzioni che dovrebbero fare del diritto all’informazione la propria stella polare, l’Ordine regionale dei giornalisti della Toscana intende rivolgere un pubblico ringraziamento a quei cronisti che hanno svolto con intelligenza e scrupolo il proprio mestiere, anche a costo di disturbare il manovratore.
Sin preguntas no cobiertura, senza domande niente resoconto giornalistico: lo slogan dei giornalisti spagnoli sull’informazione a senso unico dovrebbe diventare lo slogan di tutti i giornalisti toscani. L’Ordine regionale appoggerà e sosterrà senza esitazione tutti quei colleghi che rifiuteranno di dar voce a chi si rifiuta di rispondere alle domande
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Impossibile non condividere.
Eppure il concetto di una stampa-velina invitata solo per fare scena è diffusissimo, quasi abituale. Così come sono genuini lo stupore, l’imbarazzo e la rabbia di chi, senza averlo previsto, si trova ad aver a che fare con giornalisti che fanno il loro mestiere: cioè chiedono, osservano, scavano e non si limitato a subire i comunicati e gli sproloqui senza fiatare.
Non si tratta, attenzione, di ritenere che i giornalisti debbano essere compiacenti: questo sarebbe un livello degenerato, ma comunque più alto di rapporto con l’informazione. Macchè, siamo un gradino sotto: io ti invito, tu vieni, ascolti e riporti pedissequamente quello che ti dico. In pratica sei il mio portavoce, il mio ventriloquo, la mia bacheca. Meglio ancora, pubblichi per intero il comunicato che ti affibbio.
Viene spontaneo chiedersi perchè sia così.
E una possibile risposta è che non ci si può aspettare un atteggiamento diverso da chi è abituato ad avere davanti una stampa passiva e svogliata.
Dunque la colpa di chi è: del conferenziante protervo o della categoria dei giornalisti, abitualmente amorfi?
Ho paura che sia di tutti e due. E la cosa dovrebbe far pensare. Anche Ordine e Sindacato.