di LUCIANO PIGNATARO
Taurasi, Vulture, Taburno e Cilento: quattro declinazioni e sette versioni di un grande vitigno meridionale. Assaggiate dal nostro nella capitale.
Una bella degustazione voluta da Fabrizio Russo nell’ambito del programma di Atheneum al Saint Regis di Roma ci ha consentito di fare una breve rassegna di un vitigno in continua espansione oltre le tre zone maggiormente vocate, Taurasi, Vulture e Taburno in provincia di Benevento. Un rosso ancora poco conosciuto che viene piantato in tutte e cinque le province campane, in Molise, in Daunia, nelle Murge e persino in Calabria. Difficile, aspro, ma capace di regalare grandi emozioni a chi sa aspettare.
Sette diversi interpretazioni, stili, territori e annate, ma una matrice comune riconducibile alla freschezza, alla sapidità, al frutto ciliegioso, alla giovinezza.
Redimore 2011 Irpinia doc, Mastroberardino
Famosa per il Taurasi, stavolta si è scelto un vino meno conosciuto ma molto interessante perché ottenuto da un clone intitolato ad Antonio Mastroberardino nella Tenuta Radici di Mirabella Eclano. Grande e irruenta freschezza, vino da abbinamento, semplici ma gratificante. Molto lungo.
Cenito 2010 Cilento dop, Maffini
Forse la migliore esecuzione di sempre del bravo e appassionato viticoltore cilentano che nel corso degli anni ha puntato sull’Aglianico in purezza. Sono state necessarie verifiche e aggiustamenti, ma la 2010 è davvero perfetta, in pieno equilibrio tra il frutto maturo e fresco con le spezie e la tostatura rilasciate dal legno ben dosato. Un vino che ha appena iniziato a camminare.
Synthesi Aglianico del Vulture doc 2011, Paternoster
Il base classico di Paternoster, in ottimo rapporto tra qualità e prezzo, segnato da una vena di freschezza un po’ sopra le righe ma che lo rende molto adatto agli abbinamenti con la cucina tradizionale contadina dell’Appennino Meridionale. Pulito, buon allungo finale, grande sapidità.
Vigna Cinque Querce Taurasi docg 2006, Molettieri
A grande maggioranza il vino della serata e non poteva essere altrimenti perché si tratta di una delle più grandi esecuzioni di sempre del vigneron di Montemarano. Grande massa supportata da enorme acidità, complessità olfattiva e al palato, eccezionale vigore e giovinezza per una beva decisamente appagante e cangiante, imperdibile e lunga, lunghissima. Un vero piacere.
Stupor Mundi Aglianico del Vulture doc 2005, Sara Carbone
La sorpresa della serata, secondo solo a Molettieri: il tempo ha fatto davvero bene a questo top wine aziendale su cui sono state riposte molte attese non sempre corrisposte dalle guide. ma la riuscita del bicchiere in questa degustazione romana conferma che all’Aglianico bisogna dare tempo, temp oe ancora tempo. Bel frutto rosso fuso con il legno, freschezza, sapidità, piacevoli note terrose sono il corredo ad una beva che non stanca, decisamente abbinabile al cibo.
Vigna Catarratte Aglianico del Taburno doc 2005, Fontanavecchia
Rispetto ad altre annate, pensiamo alla 2001, staolta è apparso un po’ troppo contatto, con un eccesso di presenza di legno sul frutto, non coprente ma prevalente. In bocca decisamente soddisfacente grazie alla vibrante acidità, alla giovinezza espressa, ai tannini molto ben risolto e alla nota amara finale ripulente che lascia il palato piacevolmente pulito.
Zimberno Aglianico del Vulture 2004 , Michele Laluce
Dieci anni ma non li dimostra, il rosso di Michele Laluce, piccola azienda di Ginestra lungo la strada che porta a Canosa, si conferma pieno di carattere, con tannini ancora ben presenti, una bella ciliegia al naso corredate da note di cenere e di tostatura, al palato fresco e lunghissimo. Una bella chiusura per un vino che aspira soprattutto all’accompagnamento del cibo.
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