Per gratuita (mica sarà una marchetta?) concessione dell’autrice, il bigino che tanto fa discutere: un inoffensivo condensato di buoni consigli pratici. Che però tra le righe rivela anche ossessioni e abbagli della generazione-blog. Odio per i giornalisti incluso.

Devo dare atto che Silvia Ceriegi, l’autrice del manuale del viaggiare gratis ad uso dei blogger che avevo bonariamente bacchettato (qui) giorni fa, non ha perso tempo e mi ha subito mandato in pdf l’oggetto del contendere.
L’ho letto avidamente.
E non ci ho messo molto: è lungo 27 pagine composte a caratteri grandi, comprese una vuota per le note (se uno lo stampa), una di indice e una di copertina.
La Ceriegi, titolare del blog di viaggi “Trippando” (qui), spero non me ne vorrà se comincio facendole subito due conti in tasca: l’opera costa 29,99 euro. Che diventano 99,99 euro (69,99 approfittando dello sconto natalizio valido fino al 6 gennaio 2015) se si sceglie la formula manuale + “un’ora di consulenza personalizzata“. Diviso per 27 fanno 1,11 euro a pagina (3,703 euro per la formula premium, 2,592 con lo sconto), il che non è proprio a buon mercato. Anche se, bisogna aggiungere, visto lo scopo dichiarato, cioè ottenere sconti e gratuità, per chi è alle prime armi la spesa può valere la candela.
Del contenuto in sè, non c’è molto da dire.
Si tratta del classico elenco di consigli, trucchi, dritte, suggerimenti di buon senso che un’amica più esperta potrebbe dare a un’altra – magari via email e non su un pdf a pagamento – su come ottenere qualcosa, accreditandosi in quanto “blogger”, da enti del turismo e hotel.
Nulla di copernicano insomma, anche se si cerca di farlo passare per tale: giusto un insieme di pratiche per organizzare al meglio possibile un viaggio ottimizzando i contatti e sfruttando i tanti benefit che gli uffici di media relation comunemente prevedono per una variegata serie di soggetti ritenuti interessanti sotto il profilo del marketing. Il tutto spiegato con uno stile molto confidenziale, piano e semplice.
Qui finisce la prima parte di stretta recensione e si apre invece una necessaria parentesi di considerazioni di ordine sociologico sul senso del manuale.
Considerazioni che sono assai più intriganti, perchè – se si unisce la lettura all’evidenza dettata da altri dettagli sui comportamenti – esse rivelano della mentalità del blogger medio molto più, e meglio, di qualsiasi indagine. Risultando a volte illuminanti per capire i percorsi logici di questa screziata, superciliosa e ondivaga categoria di soggetti. O almeno di quelli ai quali il manuale si rivolge, cioè i viaggiatori.
La prima evidenza è la seguente: la quasi massima aspirazione è, in genere, la gratuità delle cose. Entrare gratis a fiere, cinema, eventi, musei. Dormire negli hotel. Se non gratis, almeno con il più drastico sconto. Il top infatti, si intuisce, è se ciò poi avviene portando un pass appeso al collo o una qualifica, che sono sintomi di status, di riconoscimento, di persona che conta (e quindi ottiene, in quanto gli è riconosciuto) qualcosa. Non lo ammetteranno mai, ma l’orgoglio con il quale molti blogger  – non solo di viaggio: vogliamo parlare di quelli che si occupano di vino, ad esempio? – indossano il prezioso lasciapassare è lo stesso che molti ingenui attribuiscono, tanto per mettere anche i giornalisti sullo stesso piano, all’esibire il famoso tesserino rosso dei giornalisti.
Questa prima evidenza ha un corollario: la certezza incrollabile che ci sia già chi di tali cose beneficia. E che ora, quindi, debba mollare l’osso o almeno condividerlo. Democrazia, che diamine! Ma siccome, seconda evidenza, è convinzione (errata) dei blogger che i beneficiari di tutto ciò siano per definizione i giornalisti, ecco anche la terza evidenza: i più odiati dai blogger sono proprio questi ultimi. In pratica, dei rivali. L’accusa:  vogliono tenere tutti i “privilegi” per sè, fanno cose che non si devono fare (cioè scroccano in cambio di marchette) e ciò non è bello. Retropensiero strenuamente sottaciuto: però le stesse cose le voglio fare anch’io e se le faccio anch’io non sono più nefaste. Una strana doppia morale, ma andiamo avanti.
La cosa buffa, che a tratti fa tenerezza e a tratti rabbia, è rendersi conto che gran parte di questo livore deriva poi da un fondamentale abbaglio. Un equivoco che, involontariamente, anche il manuale della Ceriegi mette bene in evidenza attraverso l’uso, anzi il frequente sventolio del corrispondente immateriale del “pass” su cui mettere in ogni modo le mani: la “tariffa stampa” (sic). Di che si tratta?
Secondo l’autrice (e qui riprende la recensione) sarebbero i prezzi stracciati che vettori, alberghi, ristoranti etc praticano ai soliti viziati e boriosi giornalisti. I quali, per non perderne appunto il privilegio, ne tacerebbero gelosamente l’esistenza al resto del mondo.
Un ennesimo abaglio. Che deriva sia dal pregiudizio di chi osserva, sia da un’errata interpretazione della formula “media rate” (o press rate). Che non significa affatto “tariffa stampa”, ma è il modo convenzionale e generico per dire “tariffe riservate ai media”, una categoria infinitamente più ampia nella quale gli uffici di marketing e pr fanno ricadere, sempre e solo a loro discrezione (e quindi in modo niente affatto automatico) i cosiddetti vip, cioè chi, per loro, potrebbe con la sua presenza (innanzitutto fisica) dare lustro alla compagnia: giornalisti, blogger, opinionisti, attori, personalità, celebrità, mezzibusti, amici e raccomandati. Insomma la rivelazione si basa su un qui pro quo (va da sè che, nel mondo reale, qualunque ente, banca, casa automobilistica o impresa riserva spesso tariffe agevolate ai membri di altri enti, associazioni, organizzazioni o ordini professionali. Non è un segreto e non si capisce che ci sia di male nè ad offrirle nè ad approfittarne, se non se ne fa un uso commerciale).
Il “Manuale per blogger: viaggia sponsorizzato” (meglio sarebbe dire, appunto, raccomandato) ha poi anche qualche altro punto debole.
Si fa spesso accenno, ad esempio, alla “professionalità” e talvolta perfino alla “professionalità di blogger“, quasi che si trattasse di una categoria vera e propria e non – ipsi dixerunt – di una non-categoria trasversale che si vanta di attingere membri da ogni dove. Per non dire della nemmeno troppo sottile contraddizione di parlare di “professionalità” laddove si millantano solo passioni e nessun tornaconto economico nè di lavoro. Fattostà che, però, già all’inizio del bigino si dice che “ho iniziato a lavorare a Trippando pensandolo come un’azienda“. E allora? E’ un mestiere o un hobby? Credo che il manuale avrebbe dovuto e potuto essere molto più chiaro su questo aspetto-chiave. E invece no. Resta il fatto che sul blog dell’autrice e di molti suoi colleghi la pubblicità c’è e non credo che quegli spazi siano concessi gratis.
A proposito di gratis. Sul manuale si sta ben attenti a rifuggire da tale magica parolina (“…questo manuale NON si rivolge a chi vuole “scroccare” un viaggio per sé e, magari, anche per altri, approfittando del fatto che ha un blog. Un blogger, pur amatoriale che sia, con un progetto di viaggio serio e professionale, si distingue bene da chi è in cerca di vacanze gratis!“, mette le mani avanti la Ceriegi), ma sembrano mere autoasseverazioni. Perchè poi, nella sostanza dei suggerimenti, tutto conduce all’opposto.
A volte anche con logiche che fanno un po’ a pugni tra loro: “Devi essere corretto ed onesto. Tu stai cercando uno sponsor per il tuo viaggio, non stai cercando di scroccare il viaggio per la tua compagnia […]. Il benefit che stai chiedendo e che speri ti venga offerto è né più né meno che uno scambio a fronte della tua professionalità di blogger“. C’è uno “scambio”, quindi, cioè un commercio, e una “professionalità di blogger”: cioè? Se sei un professionista in cosa consiste la tua professione? Forse nel commercio di cui sopra? La risposta poco oltre: “un viaggio sponsorizzato non è una vacanza, è lavoro“. E “Non essere avaro nel linkare i tuoi sponsor: loro ti hanno offerto un servizio, offrire loro qualche link mi pare il minimo che tu possa fare!“. E il massimo?
Insomma, c’è la prospettiva di un do ut des e il manuale spiega ai neofiti come dare e come avere. A casa mia sia chiama commercio. E sponsorizzare significa dare pubblicità.
C’è qualcosa di male in tutto questo? No, se lo si dichiara. Sì, se si vuol passare per disinteressati benefattori.
Cosa c’entrano i giornalisti? C’entrano perchè i giornalisti, per legge, la pubblicità non la possono fare. Se la fanno vengono sanzionati. Se non lo sono, lo dovrebbero essere. Lo dice la deontologia professionale che i blogger non hanno.
E quindi possono usare tranquillamente il manuale di Silvia Ceriegi.
Il motivo per il quale, poi, loro se la siano presa tanto se, dal mio punto di vista di giornalista, ho sollevato il caso, resta un mistero. O forse no. Qualcuno ha parlato di coda di paglia, ma ognuno tragga le sue conclusioni.
Chiudo evocando però, al termine di questa recensione-dibattito, due grandi assenti, due autentici convitati di pietra: cioè, innanzitutto,  quella controparte che spesso a parole stigmatizza l’assalto dei blogger (e dei giornalisti) a vantaggi e gratuità, ma che poi, nei fatti, li blandisce: enti del turismo, l’Adutei, uffici stampa e pr. E quindi gli utenti finali, ovvero utenti e lettori.
Su questo manuale e sui suoi contenuti nessuno di loro non ha proprio nulla da dire?