A parole, per i giornalisti, la “notizia” è un feticcio, una religione, un comandamento. Nei fatti, a parte la stretta attualità affidata ormai a un modello fordista della professione, la notizia è un lusso superfluo, per il quale non vale la pena spendere.

 

Per i giornalisti le notizie sono, o dovrebbero essere, come le pepite per i cercatori d’oro del Klondyke: una via di mezzo tra l’ossessione e il miraggio. La ricerca della notizia, da non confondersi con lo scoop, è quindi un imprinting e un istinto fondamentale nell’attitudine di chi fa questo mestiere. Una sorta di riflesso condizionato.

I più bravi naturalmente non sono quelli che le notizie le trovano perchè ci sbattono contro o quasi, cioè per caso, ma chi le scova inseguendo filoni, mettendo insieme pezzetti, intuendo piste invisibili, facendo il classico 2+2.

Ma c’è un problema: prima di essere pubblicate, le notizie vanno verificate. Il che, in genere, non è rapido, nè facile, nè automatico. E in un mondo dell’informazione che, drogato dal digitale, fa sempre più fatica a distinguere le notizie-notizie dalle fake news, spesso finisce che o escono sciocchezze senza capo nè coda, presto smentite o ridimensionate, oppure le notizie buone non escono perchè invecchiano troppo presto o perchè non c’è il tempo nè il modo per approfondirle.

Con una palese contraddizione, peraltro, visto che da ogni dove si pontifica che il lettore di oggi, e quindi il giornalista al suo servizio, chiede “storie” oltre che notizie. In sostanza, il mercato editoriale necessita di storie vere e non fantasiose, raccontare le quali sarebbe appunto il compito del giornalismo.

Ma qui il meccanismo si incricca.

Cercare, setacciare, indagare, verificare costa tempo e denaro. Le “storie vere” hanno perciò un costo di produzione non indifferente, a cui si somma il lavoro materiale della stesura degli articoli. Articoli che tutti reclamano, ma nessuno vuole o può pagare al giusto prezzo: nè il lettore, abituato a trovarle gratis, nè l’editore, che nei fatti o a parole deve far tornare i conti e a sua volta le vuole nummo uno.

Il risultato finale è che si pubblicano solo notizie di stretta ed effimera attualità, tutto il resto è un lusso. Oppure uno scarto di produzione, o un’eccedenza destinata al magazzino.

Fast food dell’informazone batte notizia 3-0: punto, set, partita.