Continua, tra ostacoli dichiarati e non, l’operazione di autotrasparenza tra giornalisti libero professionisti: chi lo è, lo dichiari. Da parte dei colleghi una certa ritrosia, certi ingiustificati sospetti e molte domande. Ecco un po’ di risposte e qualche sincero vaffa.

Ma a che serve? Ma dove vuoi arrivare? Ma che c’è dietro? Ma per chi lo fai? Ma a chi dai i risultati? Ma che scopi hai?
Ecco solo alcune delle domande che nelle ultime settimane mi sono sentito fare a proposito del censimento dei freelance italiani, da me lanciato (qui) il 1 febbraio e che si chiuderà, salvo proroghe, il 31 marzo.
Parrà strano, ma certi interrogativi sono più sintomatici della non partecipazione e perfino della partecipazione all’iniziativa.
E dimostrano quanto, nel variegato mondo del giornalismo nostrano, sul conto dei giornalisti libero professionisti circolino poche idee, ma confuse.
I primi ad averle confuse sono proprio i colleghi. Non a caso molti pensano di consultare me per sapere se sono freelance o no. Ma se non lo sanno da soli
Poi ci sono quelli che sanno di non esserlo e cercano cavillosi dribbling logico-dialettici per dimostrare (sempre a me, nemmeno fossi un giudice) che invece lo sono.
Ci sono quelli che non lo sono ma si vergognano (perchè? Boh!) a riconoscerlo.
Ci sono quelli che viceversa lo sono ma non vogliono ammetterlo (come mai? Altra cosa misteriosissima).
Ecco comunque alcune risposte: repetita iuvant.
1) il censimento è provocatorio e dimostrativo: vuole cioè provare, anche mettendo in luce le mille differenti interpretazioni della figura del libero professionista dell’informazione, che il freelance è ancora avvertito come un UFO nel sistema giornalistico italiano.
2) il censimento non ha fini politici nè elettorali: non punto affatto a fondare la “corrente” dei freelance, come qualche bischero ha tentato di adombrare.
3) il censimento non ha neppure finalità statistiche, perchè è assolutamente volontario e quindi tiene conto esclusivamente di chi vi aderisce.
4) i risultati sono quelli “pubblici“, aggiornati quasi quotidianamente su questo blog e quindi non c’è bisogno che essi siano “consegnati” a nessuno: chi li vuole, li legge e li può utilizzare come vuole.
5) il censimento si basa sul passaparola e non è oggetto di una campagna virale, perchè desidera che chi aderisce lo faccia con convinzione e dopo averci riflettuto.
6) il censimento non punta a dimostrare che siamo “tanti” o “pochi”, ma semplicemente a dimostrare che la categoria esiste e ha una sua precisa identità professionale, tipologica, fiscale e previdenziale.
Ed ora passiamo ai vaffa, perchè qualcuno se li merita.
vaffa a chi esplicitamente ha raccomandato di boicottare il censimento, calunniandomi.
vaffa a chi continua a fare la stessa cosa all’ombra della propria misera conventicola, incapace perfino di argomentare.
vaffa a chi non partecipa perchè ha paura di fare torto a qualcuno dei sopradetti.
vaffa a chi, invece di farsi domande sul senso dell’operazione e magari non condividendone i presupposti, la contesta in base a partiti presi e non ha il coraggio di esporsi nel dibattito.
Chiosa finale, tanto per buttarla in gherminella: tempo fa chiesi a un collega che cosa facesse e lui mi rispose testualmente “Sono abbastanza freelance“.
Qualcuno sa spiegarmi che vuol dire? Si è mai sentito nessuno definirsi “abbastanza architetto”, “abbastanza redattore”, “abbastanza elettrauto“, “abbastanza impiegato”?
Attendo lumi.