Tu chiamala, se vuoi, la proverbiale efficienza lumbard. O, se preferisci, il sano pragmatismo nordico. O, ancora, un atto di decisionismo opposto al pernicioso indecisionismo toscano.
Resta il fatto che, reduce appena pochi giorni fa (la mia cronaca è qui) dall’ennesimo grido di dolore del mondo agricolo (e non) a proposito della piaga degli ungulati ormai padroni del campo, dei campi, delle strade di ogni ordine e grado e perfino dei cassonetti, quando al GR della notte ieri sera ho sentito la notizia non ho potuto non trasalire: per la prima volta viene data la possibilità agli agricoltori, provvisti di regolare licenza, di abbattere tutto l’anno i cinghiali, con l’ampliamento dell’attività di contenimento finora riservata solo alla polizia provinciale e ai cacciatori. E’ un provvedimento appena approvato dalla Regione Lombardia.
Praticamente ciò che da anni anche nella nostra regione si invoca, ultimo in ordine di tempo Duccio Corsini l’altro giorno alla tavola rotonda del Biodistretto del Chianti dedicata all’argomento, facendo appello ad una banale questione, al di là di ogni aspetto tecnico, di buon senso.
Riporto in calce l’intero lancio stampa diffuso, su un comunicato Coldiretti, dall’agenzia Aska, ma voglio subito sottolineare una cosa: se in Lombardiail cinghiale ha arrecato danni alle colture agricole per 1.669.989 euro di indennizzi erogati da Regione, corrispondenti a 2.807 eventi di danno denunciati e ha provocato 384 sinistri stradali denunciati, con erogazione di risarcimenti di 606.664 euro complessivi“, che altro si aspetta in Toscana dove, secondo i dati ufficiali delle Atc, nel 2017 il danno provocato alle colture dagli zannuti ungulati è ammontato a 4 milioni di euro, cioè poco meno del triplo dei già sfortunati agricoltori lombardi?

E comunque rimango della mia idea di fondo: quella di cinghiali e caprioli è ormai una questione sociale, non più solo agricola. E la facoltà di abbattimento non equivale ad autorizzare una strage, ma alla creazione di un pericolo la cui presenza gli animali colgono e dal quale, come è dimostrato, rifuggono, ritirandosi in aree meno coltivate e abitate.

 

Roma, 11 giu. (askanews) – Arriva finalmente il via libera all’abbattimento dei cinghiali che si sono moltiplicati in Italia raggiungendo oltre un milione di esemplari che, dalle campagne alle città, mettono a rischio la sicurezza dei cittadini, oltre a distruggere i raccolti agricoli. E’ quanto afferma in una nota la Coldiretti nell’esprimere apprezzamento per la delibera approvata dalla Regione Lombardia per contrastare il proliferare di cinghiali, soprattutto a tutela della sicurezza e della salvaguardia delle colture agricole. Per la prima volta – sottolinea la Coldiretti – viene finalmente data la possibilità agli agricoltori, provvisti di regolare licenza, di abbattere tutto l’anno i cinghiali, con l’ampliamento dell’attività di contenimento finora riservata solo alla polizia provinciale e ai cacciatori. Un provvedimento approvato dalla regione Lombardia in cui nel quinquennio 2013/201, il cinghiale ha arrecato danni alle colture agricole per 1.669.989 euro di indennizzi erogati da Regione Lombardia, corrispondenti a 2.807 eventi di danno denunciati e ha provocato 384 sinistri stradali denunciati, con erogazione di risarcimenti 606.664 euro complessivi.

La Coldiretti auspica che tale provvedimento venga adottato da altre Regioni in una situazione in cui negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato per risolvere il problema della incidenza dei cinghiali per l’incolumità delle persone e la sicurezza dei trasporti nonché, per la salvaguardia delle produzioni agricole e degli ecosistemi. Nel provvedimento della Lombardia – spiega la Coldiretti – si riconosce nella sostanza la possibilità da parte dei proprietari e conduttori di terreni agricoli di esercitare una facoltà di legittima difesa in presenza di minime condizioni che semplificano il precedente approccio burocratico. Tra i requisiti – continua la Coldiretti – si ritiene in particolare l’accertamento di danni alle colture nei 6 mesi antecedenti la data di presentazione della domanda di autorizzazione che ha la durata di 12 mesi; la titolarità di licenza di porto di fucile e la abilitazione alla caccia di selezione nel caso di ricorso a particolari modalità. Naturalmente – conclude la Coldiretti – l’esercizio dell’abbattimento deve avvenire in condizione di sicurezza attraverso la comunicazione preventiva agli organi di polizia competenti per il territorio oltre che di compatibilità ambientale risultando vietato l’intervento nelle aree protette ma è anche previsto un sistema di tracciabilità per garantire il monitoraggio e il controllo sanitario“.