Mi sono letto i verbali della discussione-telenovela in corso al Senato. Poi ho contato fino a un milione per recuperare la calma. E infine ho capito che la vera spiegazione è nel libro di Pinocchio: perchè questo è un mondo di realtà grottesche, finti tonti e burattini.

 

Sul letto giace il burattinolance: ha il naso lungo per le troppe bugie raccontate e bevute, la testa dura come il legno ed è moribondo per essere stato impiccato a un albero dagli assassini, cioè il Gatto-sindacato e la Volpe-editore, dei quali si era sconsideratamente fidato nell’Ordine dei Miracoli.
Lo attorniano un’impalpabile Fata-passione, due illustri medici (i senatori Corvo e Civetta) e il Grillo Parlante (il sottoscritto).
Da bravo bugiardo (anche con se stesso), il burattinolance si finge esanime per origliare meglio il consulto, senza rendersi conto di essere in punto di morte davvero. D’altronde è in piena crisi d’identità: non sa più se è blogger, giornalista, citizen journalist, cronista partecipativo, aspirante, praticante, dilettante
Il senatore Corvo gli tasta il polso, poi il naso, poi il dito mignolo dei piedi, compulsa i faldoni preparatorii e pronunzia solennemente queste parole: “A mio credere il burattinolance è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo! Occorre approfondire!
Mi dispiace – dice il senatore Civetta – di dover contraddire Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero! E comunque bisogna approfondire!
Prende la parola il Grillo Parlante: “Io dico invece che il medico pietoso rende la piaga puzzolente. Che il medico prudente, quando non sa quello che dice, dovrebbe tacere. Ma che se il paziente appare sul punto di morire, l’unica cosa che si deve fare è dargli la medicina per salvarlo, approfondendo poi l’esatta natura del male. Del resto quel burattino lì non m’è fisionomia nuova: io lo conosco da un pezzo!…
Il burattinolance, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ha una specie di fremito convulso, che fa scuotere tutta la categoria. Nella comunità fioccano i tweet e i mi piace.
Quel burattino lì – seguita però il Grillo Parlante è una birba matricolata, un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo, uno che lavora per tre euro ma poi se ne lamenta, uno che millanta, vuole diventare senza sapere, vuole essere senza dimostrare, vuole i titoli senza fare gli esami, vuole i diritti ma non accetta i doveri“.
A questo punto si sentì nella camera prima un suono soffocato di pianti e di singhiozzi, poi un piagnisteo belante. Erano il burattino e la massa indistinta di tutti i suoi compari accalcati fuori dalla stanza, nel cortile e nella campagna intorno.
Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione“, disse solennemente il senatore Corvo.
Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega – soggiunse il senatore Civettama per me, quando il morto piange è segno che gli dispiace a morire.
Mentre i senatori si accapigliavano, sfogliando con sussiego i dottissimi tomi di medicina che con zelo gli assistenti parlamentari e i commessi gli portavano da ogni dove, senza che nessuno se ne accorgesse il burattinolance spirò sul serio.
Dopo un primo attimo di stupore, però, tutti ne presero atto e se ne rallegrarono: gli assassini (il morto, essendo morto, non poteva più rivelare chi lo aveva impiccato), i medici (essendo morto senza medicina, nessuno avrebbe potuto dire che era morto per una medicina sbagliata o per una diagnosi errata) e perfino la Fata, perchè, essendo morto il paziente credulone, nessuno avrebbe potuto sostenere che i suoi incantesimi erano farlocchi.
Così tutto rimase com’era.
Il libro della legislatura si chiuse, i senatori furono sostituiti da altri ma il mandante rimase il medesimo, il Gatto e la Volpe tornarono a banchettare ai tavoli dell’Osteria del Contratto Rosso in attesa di nuovi babbei da imbonire, nell’Ordine dei Miracoli continuarono a germinare più o meno spontaneamente le piante di Precaria, di Illusa, di Dopolavorista, nei giornali si proseguì a pubblicare fregnacce e pubblicità occulte. Nella Rete dei Balocchi gli asini proliferarono, con soddisfazione di tutti e in particolare dei diretti interessati, ai quali il grande e oscuro burattinaio continuò a far intravedere il miraggio dei Cinque Tesserini
Morale della favola. Il giochino delle tre carte in corso sul progetto di legge sull’equo compenso è chiaro: fingendo di non capire che la norma servirebbe a sancire un principio, e non certo a fissare subito un concreto tariffario, i politici e i loro capobastone cincischiano in attesa che il tempo della legislatura finisca e si debba ricominciare daccapo, vanificando di fatto ogni speranza di raggiungere l’obbiettivo. Le circostanze dimostrano infatti che, in questo momento, l’interminabile analisi dei dettagli e dei distinguo (comprensibile in fase di regolamentazione) è una dilazione inutile e strumentale. Tutto insomma si concluderà come previsto: un nulla di fatto.
Ma non è un gran male: il paziente è già morto da un pezzo, ora si tratta solo di trovare un modo elegante per seppellirlo senza fare troppo rumore e poi di continuare all’infinito simulando di strapparsi le vesti in saecula saeculorum a difesa di un caro estinto che non c’è più.
La Carta di Firenze rischia di trasformarsi in un necrologio.
R.I.P.