La notte prima che Olivia Newton-John morisse, ho intercettato per caso in tv una sorta di dimenticato clone all’italiana del cinemusical, il filmetto “Brillantina Rock” (1979). Sinistra preveggenza o, forse, solo l’ennesimo “Twist of fate“.

 

Commemorando Olivia Newton-John, Guia Soncini ha scritto che “quando muore qualcuno si porta diplomazia, ma ci sono cose su cui mentire non ha senso”.

Dunque non mentirò.

Grease uscì che avevo appena compiuto diciotto anni e, da rock snob integralista qual ero (e in parte sono rimasto), non mi sognai nemmeno di andare a vederlo. Primo perché, per le dette ragioni, sui generi andavo poco per il sottile e quindi lo consideravo appunto un filmetto per discotecari: vade retro! Secondo, perché davo altrettanto per scontato che fosse il classico film fatto per sfruttare l’onda del successo di un film precedente, nella fattispecie dell’odiosissimo (e parimenti discotecaro) Saturday Night Fever di appena un anno avanti e della sua superstar, John Travolta.

Fu il mio pur serioso amico Walter S. (chissà se si ricorda, ma dubito) a farmi notare per la prima volta, sulle scale del liceo, l’oggettiva avvenenza (eufemismo) della protagonista Olivia Newton-John, che conoscevo per sentito dire solo come trascurabile cantante pop.

Ne convenni.

Poi, ci crediate o meno, nel mio snobismo ci ho messo vent’anni per vedere per la prima volta sia Grease che Saturday Night Fever. Pellicole gradevoli, per carità, e forse pure generazionali, ma nulla di più.

E comunque, i fan mi perdonino, l’idea che il primo sia stato fatto cavalcando il successo del secondo mi è rimasta tale e quale.

A volte però il passato, come dice la canzone, ritorna per battere forte.

O forse è stata una sorta di sinistra preveggenza.

Comunque un paio di sere fa, in preda alla solita insonnia, a notte fonda ho intercettato in tv un filmino dal titolo così improbabile da attrarre la mia curiosità: “Brillantina rock”. Ho scoperto trattarsi di un grottesco remake nostrale di Grease e Saturday Night Fever mescolati insieme, datato 1979. Regia di Massimo Tarantini, noto per de La dottoressa ci sta col colonnello, Quella peste di Pierina e La poliziotta nella squadra buon costume eccetera.

Sul livello qualitativo non trovo le parole, tanto era sospeso tra il kitsch e l’involontariamente comico. Visto con gli occhi di oggi, uno spaccato di come eravamo, o meglio di come erano.

Comunque, nelle finzione cinematografica, la figura della protagonista si chiama Cindy (praticamente Sandy) ed è interpretata da Auretta Gay. Anche lei, come la Newton-John, scomparsa.

In qualche modo, si chiude un altro piccolo cerchio di coincidenze.