Il fascino ipnotico della nebbia torna su, con immutata potenza, dalle reminiscenze infantili.

 

Da bambino – era il 1971, se non sbaglio – rimasi affascinato dalla riduzione televisiva de “Il mulino del Po” di Riccardo Bacchelli. Ciò che più mi colpì, in quello sceneggiato in bianco e nero, furono le scene delle chiatte che lentamente si muovevano sull’acqua, sospinte da un bastone e avvolte in una nebbia impenetrabile. Bruma che nel mio immaginario subito fece il paio con quella della ben più inquietante, ma non meno affascinante, versione TV de “Il mastino dei Baskerville” di Conan Doyle, con Nando Gazzolo nelle vesti di Sherlock Holmes, anno 1968.
Da allora le nebbie occupano un posto fisso nelle mie osservazioni mattutine e quella odierna sembra fatta apposta per alimentarle, preceduta com’è dal profilo enigmatico del Buddha che mi fissa.
Ai proverbiali irti colli è dunque salita (piovigginando, si capisce) e presumo ci resterà per un pezzo.

Mumble, mumble