Gli scontri tra contradaioli dopo la Carriera del 17/8 sono andati in mondovisione via web, sollevando ondate di moralismi, polemiche e malintesi tanto inutili quanto dannosi per tutti. Ci vorrebbero meno perbenismo e più realismo.

L’argomento, lo so, è delicatissimo. E pure attualissimo. E rischia di scatenare un putiferio di equivoci, campanilismi, pregiudizi, partiti presi, miopie varie.
Ma io sono senese. Anzi, contradaiolo.
Anche giornalista, però. E quindi abituato a dire le cose come stanno, sempre riflettendoci bene prima e senza tuttavia censurare mai nulla.
Allora cominciamo a chiarire che gli scontri tra contradaioli (o “cazzotti“, come si chiamano a Siena, espressione che in realtà implica qualcosa di più dei pugni: diciamo un combattimento a mani nude con regole precise, sebbene non scritte e non sempre rispettate del tutto, ma questo è un altro discorso da affrontare a sè) nel Palio ci sono sempre stati. Ne fanno intimamente parte, ne sono una sorta di corollario.
Un corollario perbenisticamente e razionalmente disdicevole, ne convengo io per primo.
Ma, al tempo stesso, esito talvolta fatale, quasi inevitabile delle tensioni e delle rivalità tra gruppi, degli animi accesi tra popoli ostili in un contesto, quello paliesco, che – è bene ricordare – non ha nulla di sportivo. Il Palio è una metafora della vita e della guerra, di cui la carriera è la battaglia finale. In una forma ludica di (auto)celebrazione, forse. Ma sempre di guerra si tratta.
Non voglio giustificare nulla, sia chiaro. E’ ovvio che bisognerebbe trattenersi, anteporre lo sberleffo alla sberla.
Non voglio nemmeno condannare per banale conformismo, però.
E’ luogo tanto comune quanto veritiero dire che “se non sei senese non puoi capire“.
Ed è una realtà ineccepibile. Comunque la si pensi, il Palio è parte integrante della cultura cittadina. Nel bene e nel male. Come limite e come ricchezza. L’uno non può prescindere dall’altra e viceversa. Piaccia o non piaccia, è così.
Il che, naturalmente, non significa che chiunque non abbia il diritto di avere un’opinione su quello che vede, compreso quanto avviene in Piazza del Campo. Ciò che, grazie alla tecnologia, oggi è anche immortalabile con facilità, sempre e nella sua interezza: un fatto questo a cui tutti, senesi per primi, devono rassegnarsi. Inutile quindi vagheggiare riprese selettive o “coscienziose”, immagini “scelte” più o meno censorie, eccetera.
Come lo fu qualche decennio fa con il passaggio sulla tv nazionale, così il passaggio sul web ha rappresentato per il Palio di Siena (e non solo) un altro momento epocale, che toglie ulteriore intimità alla festa e le dà la visibilità acritica, globale e spesso superficiale tipica della rete.
Insomma, grazie ai telefonini i “cazzotti” tra contradaioli del 17 agosto sono andati in mondovisione, scatenando un’orgia di indignazioni, commenti, controrepliche, accuse. Il 99% delle quali legittime, come tutte le opinioni, ma viziate dalla completa mancanza di cognizione di causa.
Era possibile che, anche mettendo da parte l’occhio di tv e telecamere vere e proprie, con 50mila persone presenti nella conca, il 30% delle quali munite di smartphone, certe scene non fossero riprese e rilanciate on line?
Siamo seri: no.
Era pensabile che i media (giornali, tv, siti, etc) non “riprendessero” quanto già divulgato?
Nemmeno.
E, da senesi, era ragionevolmente imprevedibile che, in un Palio con nove rivali in campo su dieci contrade, ci scappasse qualche scazzottatata?
Neppure.
Allora i casi sono tre:
o, non so come, se non si vuole che certe cose si “vedano”, si inibisce il possesso di un telefonino a chiunque assista al Palio (ipotesi ovviamente fantascientifica: il passo successivo saranno i droni e le videocamere nascoste tipo quelle da 007 che si compravano sull’Intrepido, chi se le ricorda?);
o, altra ipotesi fantascientifica, si aboliscono, si vietano per legge, si impediscono le rivalità, gli sfottò, i potenziali contatti e scontri tra contradaioli, trasformando il Palio (rectius: la vita paliesca, che dura tutto l’anno) in una innocua partita di baseball stile Usa, con i contradaioli medesimi trasformati in paciosi spettatori che mangiano popcorn e giocano coi bambini a carriera in corso;
o, difficile ma non impossibile usando il cervello, si lascia da un lato che la gente giudichi come vuole ciò che vede e dall’altro si lasciano i senesi liberi di coltivare e di custodire nel modo che ritengono più opportuno (perchè solo loro ne sono i soli interpreti legittimi e consapevoli) la loro tradizione, “cazzotti” e relativi giudizi morali e sanzioni compresi.
Questo discorso, come è evidente, divide il dibattito in due filoni distintamente separati: quello contradaiolo, che deve procedere tra “addetti ai lavori” e secondo logiche interne di Palio, sempre nell’ottica di limitare, prevenire, circoscrivere gli scontri per carità, e quello extrasenese, che anche potrà sbizzarrirsi in opinioni, campagne, manifestazioni, marce  e fiaccolate (ma sarebbe il caso che anch’esso procedesse il meno di pancia possibile).
Concludo riportando quanto in proposito ha scritto giorni fa (qui) Simonetta Losi, collega senese e contradaiola, che stimo molto per cultura, pacatezza e passione paliesca:
“…I contradaioli, quelli autentici, parlano tra di loro, al massimo nei gruppi chiusi, limitandosi anche in quelli. I Contradaioli, quelli autentici, frequentano la contrada e prendono la parola pubblicamente in assemblea, non su Facebook. Tutti dovrebbero chiedersi più spesso, molto più spesso, quali potrebbero essere gli effetti delle proprie esternazioni, che vanno valutate per quello che sono e per quello che possono produrre […].
Prima di premere “invio” riflettiamoci. Ma sul serio, smettendo di dire scioccamente che vogliamo “chiudere le porte” per poi aprire sventatamente i milioni di porte della comunicazione globale, facendo divenire virtuale il nostro prezioso patrimonio di civiltà, tradizioni, modo di essere, che è per propria intrinseca natura “no global”. Riflettiamo su quanto il silenzio, il pudore, insieme a un’informazione corretta, approfondita, seria, siano in grado di portare enormi benefici alla nostra Festa. Riflettiamo prima di urlare insulti sul web, prima di “sputtanare” questo e quello, prima di rilanciare provocazioni e molestie esterne, prima di voler dire per forza la propria, magari senza sapere bene di che si parla, per il gusto del pettegolezzo, dell’invettiva o dello sfogo. Prendiamo tutte le contromisure possibili per contrastare un pericolosissimo degrado mediatico, a partire da noi stessi, dai nostri contradaioli, dai nostri amici e anche dai nostri avversari, se non vogliamo che tutto finisca. Con un “clic
.”