Non so dove ho letto che il primo flash di eroina non si dimentica più.
Per mancanza di esperienze dirette, mi devo fidare.
Ma a proposito di heroin e dintorni, difficilmente dimenticherò lo shock del primo ascolto di Sweet Jane in versione acustica sul Live 1969 dei Velvet Underground. Giusto 40 (aaagh!) anni fa.
C’è una lunga storia nel rapporto tra me e quel disco.
Correva il marzo del ’78 a Firenze e del 70% degli agognati album di cui si leggeva su libri e riviste si sapeva, appunto, solo per interposta lettura, essendo i medesimi introvabili. Live 1969, Live Dead e l’elenco potrebbe essere lungo.
Accadde in un umido e buio pomeriggio.
Consueta esegesi dinamica, stranamente orfano dell’abituale compare Bonzo, alla ricerca di musica da acquistare. Primo tentativo (nell’aria c’era Figli delle Stelle, così per dire) fallito. Trasmigrazione, sudato e infagottato nella giacca a vento (eravamo ragazzi semplici), in negozio circonvicino, febbrile setacciamento della rastrelliera, con i polpastrelli sporchi di polvere e fibre di cartone, ed eccolo, a sorpresa, nella miscellanea sotto la lettera V.
Tuffo al cuore, attimo di stupore, incredulità, qualche sguardo circospetto intorno, poi solo crescente eccitazione. Timida domanda al commesso: quanto costa?
6.900 lire” la laconica risposta.
Svuotamento del portafogli e corsa a casa.
Arrivai che era ora di cena. Desco familiare.
Dopo, discesa nel bunker. Luce bassa, valvolare Scott acceso.
Copertina con stivali, natiche e slip leopardati, copertina patinata, quasi croccante. Nemmeno il fastidioso sottotitolo “with Lou Reed“, inserito furbescamente dalla casa discografica, riuscì a incrinare l’atmosfera. Il braccio scende, la puntina fa toc sul solco.
Traccia numero uno, due, tre, quattro. Chitarra pigra e voce strascicata. Ipnosi. Voragini che si aprono. Suggestioni visionarie, assi di palcoscenico umide e polverose. Paranoie indolenti, vere e immaginarie. Giro di accordi esistenziali. La band segue sincopata, in presa diretta, con un suono acuminato, fitto e tagliente. Per un attimo perdono il tempo, la canzone ondeggia sospesa in una strana tensione interiore. Arpeggi. Batteria lieve e sognante. Fuori piove.

Flash!