di ROBERTO GIULIANI
Una degustazione di tutte le annate del rosso piemontese, dal 2001 al 2011: ecco il regalo potatorio di Mazzoni al nostro. E del nostro, in forma recensoria, a noi. Che comunque gradiamo.
“I mezzi con cui si dipinge non possono mai essere abbastanza semplici. Mi sono sempre sforzato di diventare più semplice. Ma la massima semplicità coincide con la massima pienezza. Il mezzo più semplice libera al massimo della chiarezza lo sguardo della visione. E alla lunga. Solo il mezzo più semplice è convincente.
Ma da sempre c’è voluto coraggio per essere semplici. Credo che non ci sia al mondo niente di più difficile. Chi lavora con mezzi semplici non deve aver paura di diventare apparentemente banale”.
Henry Matisse
Ho una particolare affezione per l’Alto Piemonte, questo è merito anche delle persone splendide che ho conosciuto, alcune davvero straordinarie come il mitico Alfonso Rinaldi di Suno (NO), che alleva la sua vigna Costa di Sera dei Tabacchei come fosse suo figlio, e da cui nasce quello stupendo bianco da erbaluce che ho più volte recensito. O come le sorelle Elena, Paola ed Anna Conti, donne immerse fra vino e arte in quel di Maggiora, con le quali ho vissuto la mia prima esperienza enoica nelle terre del Boca, insieme a personaggi fondamentali come lo svizzero Christoph Künzli (Le Piane), o Sergio e Silvia Barbaglia (Antico Borgo dei Cavalli) nel vicino comune di Cavallirio. E a Gattinara quella donna di grande carattere che è Lorella Zoppis Antoniolo con il fratello Alberto e i loro mitici Osso S.Grato e San Francesco.
Persone e vini che hanno qualcosa di unico da raccontare, come il bravo Tiziano Mazzoni di Cavaglio d’Agogna, persona modesta, semplice, e allo stesso tempo meticolosa nel suo lavoro di vitivinicoltore, che nel suo Ghemme è riuscito a concentrare tutto il meglio che il nebbiolo può dare in queste terre: eleganza, profondità, longevità, bevibilità. Da tempo sentivo l’esigenza di fare un resoconto dell’evoluzione di questo vino, l’occasione è arrivata a gennaio, quando Tiziano Mazzoni e Alfonso Rinaldi mi hanno proposto di festeggiare il mio sessantesimo compleanno con loro. A sorpresa Tiziano ha preparato una parziale verticale del suo Ghemme, ne sono rimasto talmente entusiasta che ho voluto riunire tutte le annate esistenti per farne una completa e raccontarvela. Unica mancante la 2000, di cui neanche Tiziano ha più una sola bottiglia.
Ghemme dei Mazzoni 2001, 13%
E’ la seconda annata prodotta da Tiziano e la prima da me degustata nove anni fa, in occasione di un evento espressamente dedicato al Ghemme nella cittadina omonima. Ne rimasi subito impressionato, nonostante la presenza della maggior parte dei produttori di Ghemme, quello di Mazzoni spiccava per eleganza, finezza, purezza espressiva. Non volli assegnargli la quinta chiocciola solo perché era il primo vino che assaggiavo di questa azienda, preferii attendere le annate successive per poter inquadrare bene le sue potenzialità e non lasciare nulla al caso fortuito di una grande annata come la 2001.
Oggi posso dire in tutta sicurezza che è uno dei migliori mai usciti da questa piccola cantina, tutt’ora in forma perfetta, granato luminoso con un bouquet complesso e articolato, da vino di alto rango. Ed è straordinario notare come, dopo quasi dieci anni dalla sua uscita, sia ancora vivissimo, con le sensazioni terziarie appena accennate, segno di un’evoluzione molto lenta, addirittura si percepiscono venature agrumate, tanta mineralità, liquirizia.
Il sorso esprime tutta l’essenzialità del Ghemme, un corpo snello, vibrante, con un tannino ormai perfettamente integrato, è sempre l’eleganza il filo conduttore, davvero un gran bel vino.
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Ghemme dei Mazzoni 2003, 14%
I grandi vini si vedono da come affrontano le annate difficili, la 2003 è stata indubbiamente dura per il caldo torrido che ha abbracciato senza pietà tutta l’estate, ma decisamente migliore della 2002, per la quale Tiziano ha pensato bene di non produrre il Ghemme.
Il limite di questo millesimo è dato da un’alcolicità più elevata, un grado in più rispetto al 2001, e da toni indubbiamente più maturi, meno eleganti. Eppure, nonostante questo, il vino fa una gran bella figura, mostrando un granato compatto e un corredo di profumi per nulla appesantito: qui svettano la prugna e la ciliegia sotto spirito, la liquirizia, le note eteree sono molto contenute e si coglie ancora qualche spunto floreale, poi sottobosco, humus, ginepro, sandalo e una non trascurabile vena balsamica.
Al palato rivela una buona freschezza e un corpo affatto stanco, c’è sapidità e il frutto non è minimamente cotto, anzi, stupisce per l’ottimo equilibrio espressivo, solo l’alcol sottrae qualcosa all’eleganza e alla piacevolezza di beva, ma è davvero un piccolo neo per un’annata come questa.
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Ghemme dei Mazzoni 2004, 14%
Con questo millesimo torniamo ai livelli del 2001, con la sola differenza che la 2004 è più corposa, più “piena”, quindi leggermente diversa nello stile. Lo si capisce già dalla diversa tavolozza di profumi, improntati più sulle spezie e su toni già di goudron, cuoio e tabacco, segno comunque di un’evoluzione diversa, che sulla distanza potrebbe rivelare qualche limite di tenuta rispetto alla 2001. Del resto i vini che nascono più pronti ed equilibrati, non sempre hanno nel dna le caratteristiche per una lunga vecchiaia, anche se per ora non c’è alcun segno di cedimento.
Al gusto è assolutamente riconoscibile nella rotondità e nella corposità della materia, morbida, con tannino vellutato, piacevolissima. Insomma buonissimo ma forse un po’ meno elegante, di carattere.
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Ghemme dei Mazzoni 2005, 13,5%
Annata da molti sottovalutata in Langa, schiacciata fra le più sontuose 2004 e 2006, in realtà per me è un perfetto esempio di nebbiolo d’antan, austero, con meno ciccia, ma con una squisita energia che ti conquista poco a poco. Per certi aspetti un po’ altalenanti mi ricorda la ’96, ma qui c’è maggiore equilibrio, meno sobbalzi fra un anno e l’altro (anzi, con la ’96 si potrebbe dire fra un mese e l’altro) e forse anche un tannino migliore.
Certo, qui non siamo in Langa, ma questo Ghemme non si esime dal mostrare un profilo analogo, e lo trovo ogni anno più convincente, fra l’altro con un tannino misurato e una freschezza che lo sostiene magnificamente. Non mi stupirei se continuasse a crescere per un bel po’ di anni.
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Ghemme dei Mazzoni 2006, 13,5%
Basta accostarlo al naso per rendersi subito conto che è un grande vino, quando senti la viola che si fonde con la ciliegia, la liquirizia e la mineralità stai in grazia di Dio. E’ impressionante come le sensazioni olfattive arrivino in perfetta fusione, non c’è nulla fuori posto, l’alcol perfettamente nascosto, davvero una trama affascinante, dove poi echeggiano versi speziati di china e cardamomo.
Ecco, al palato si percepisce l’annata importante, c’è succo, materia, tannino ricco ma finissimo, tanta freschezza e una pulizia espressiva da manuale; devo riconoscere di non aver mai sentito nei vini di Tiziano Mazzoni una sbavatura, un’imprecisione. Questo è un magnifico esemplare, non gli manca nulla, da non perdere.
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Ghemme dei Mazzoni 2007, 13,5%
Annata calda, certo, ma non come la 2003 e con il senno di poi forse migliore anche della ’97, molto pompata e rivelatasi poi ben al di sotto delle attese. Sicuramente per Tiziano è stata molto buona, tanto che ha scelto di fare anche la “riserva” Ai Livelli, recensita quattro anni fa, davvero ottima. Accostato al naso questo 2007 sprigiona sentori boschivi, un frutto delicato e moderatamente maturo, ancora l’immancabile liquirizia e sfumature di ginepro. Al palato se la cava molto bene, mostrando il consueto tannino misurato, appena meno fine e vellutato del 2006, una buona freschezza e una bella risposta fruttata, contornata sempre da quella vena di liquirizia che sembra caratterizzarlo in modo particolare.
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Ghemme dei Mazzoni 2008, 13%
Non è trascurabile il fatto che i Ghemme di Tiziano si mantengano sempre su una gradazione mai esagerata, il cui limite massimo è testimoniato dalla caldissima 2003 dove l’asticella ha raggiunto, e forse di poco superato i 14 gradi. Nella 2008, invece, ci attestiamo sui 13, gradazione che ormai in Langa possono solo sognare, neanche i Barbaresco annata ce l’hanno più. E non è cosa di poco conto, soprattutto quando il vino è buono e si ha voglia di berne. Questo poi ti invoglia molto, già dal profumo originale e variegato, con note di viola, rosa, finocchietto selvatico, lamponi e menta, poi felce, anice e nuovamente una sottile mineralità.
Anche all’assaggio regala emozioni, grazie ad un tessuto fresco e ben bilanciato, con un ritorno di frutto vivo e carnoso, accompagnato da quella speziatura fine che solo in parte arriva dal legno. Vino dalle ottime prospettive evolutive.
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Ghemme dei Mazzoni 2009, 13,5%
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un bell’esemplare di Ghemme, raffinato e di buona complessità, con un apporto floreale che richiama la rosa canina, l’iris, seguito da bei rintocchi di prugna, tabacco, noce moscata, china e l’immancabile liquirizia, ma non basta, completano il già notevole bagaglio di profumi piacevoli sfumature agrumate. In bocca evidenzia come questa tipologia di vino riesca a farsi apprezzare anche in gioventù, grazie al tannino sempre misurato e poco aggressivo e a un corredo aromatico elegante e persistente che lascia una sensazione piacevole e complessa, con finale delicatamente amarognolo.
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Ghemme dei Mazzoni 2010, 13,5%
Del Ghemme di Tiziano adoro anche il colore, che ha una tonalità granata calda davvero affascinante, questo 2010 la evidenzia benissimo, scalda il cuore questo colore, che solo i grandi nebbiolo sanno dare. Il bouquet è finissimo, con note di rosa e viola, agrumi, ciliegine di bosco, leggere prugna e menta, chiodo di garofano. Al palato è appena agli inizi di un percorso entusiasmante, ha trama setosa, finissima, esemplare per pulizia e raffinatezza di frutto e spezie, uno dei più affascinanti mai usciti da questa cantina, è fortissima la spinta a chiudere gli occhi e concentrarsi solo sui sensi, per percepire tutto il meglio che questo nebbiolo sa dare, davvero emozionante.
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Ghemme dei Mazzoni 2011, 14%
Ed eccoci all’ultima annata prodotta, caratterizzata da un manto odoroso che richiama la viola, la ciliegia sotto spirito, nuovamente la liquirizia, quelle sfumature agrumate e minerali che spesso affiorano in questo Ghemme, poi ginepro e leggero chiodo di garofano. Ha bocca fresca che non nasconde, però, un 2011 calorico, rivelando un cuore caldo con una presenza alcolica importante che non disturba, anche se di poco sottrae qualcosa alla sua consueta eleganza. Molto particolare la nota di cacao che affiora dopo il sorso, vino ovviamente giovanissimo ma dal profilo già ben delineato.
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