Di ANDREA PETRINI
Dalla premiata muscolarità del Syrah degli anni ’90 all’impostazione “soft”, tutta quotidianità e finezza, che il giovane Filippo Calabresi sta imponendo alla cantina. Non senza qualche involontario incidente”politico”.

 

Me li ricordo bene i vini di Tenimenti D’Alessandro, era la fine degli anni ’90 e sul mitico forum del Gambero Rosso in molto acquistavano casse di Syrah “Il Bosco” che, soprattutto sotto la consulenza di Stefano Chioccioli, era pluripremiato dai principali critici internazionali del vino. Tanti appassionati attratti da questo rosso toscano impenetrabile, intensamente speziato e fruttato, prodotto dall’azienda acquistata dalla famiglia D’Alessandro nel 1967 al fine di dare nuova luce ad un territorio, quello del cortonese, che a quei tempi di certo non era famoso per la qualità dei vini prodotti.
Bisogna infatti aspettare la fine degli anni ’80 perchè a Cortona e dintorni si riaccenda la spia qualitativa, grazie ad una intensa fase di sperimentazione rivolta, soprattutto, allo studio dei vitigni internazionali. La cui successiva messa a dimora ridisegnò totalmente le finalità produttive di tutte le aziende coinvolte. In particolare, emerse la vocazione del territorio per il Syrah e, in maniera meno eclatante, per il Viognier, grandi vitigni del Rodano che ben adattandosi agli ambienti caldi, luminosi e asciutti, trovano nel cortonese il modo di esprimersi con una propria forte identità.
Ovviamente, in tutto questo trentennale processo evolutivo, i D’Alessandro sono stati in primissima linea (a loro si deve molto nella creazione, nel 1999, della prima DOC Cortona) fino al 2013 quando, dopo anni di alti e bassi, decisero di passare il testimone alla famiglia Calabresi. Anche se bisogna aspettare altri due anni, siamo nel 2015, perchè Filippo Calabresi, classe 1990 ed una passione sfrenata per il vino che l’ha portato per anni tra i piccoli produttori della California e dell’Oregon, prenda in mano definitivamente la gestione di Tenimenti D’Alessandro, dando vita ad una vera e propria svolta filosofica e produttiva che si basa su due principi cardine: cura e attenzione per la campagna, ovvero abbandono totale delle pratiche convenzionali attraverso il solo uso di zolfo e poltiglia bordolese, e totale assenza di compromessi in cantina, al fine di preservare frutto e freschezza tramite vinificazione in acciaio per i vini pensati per un consumo quotidiano mentre, con le selezioni, si tenta di esaltare il potenziale di invecchiamento del Syrah grazie a lenti affinamenti in vecchi contenitori di legno.
Filippo, che incontro in azienda qualche mese fa, nonostante la sua giovane età ha le idee chiare, è conscio della piccola rivoluzione, ideologica e produttiva per come era concepita un tempo l’azienda, che sta cercando di porre anche se, come mi fa notare, tutto ciò non deve essere immediato e soprattutto spiazzante per il mercato, soprattutto per gli importatori esteri, che potrebbero non comprendere certe scelte e di conseguenza abbandonare la barca nel bel mezzo di una tempesta che poi diventerebbe anche economica.

Questa frattura tra passato, presente e, soprattutto, futuro è evidente camminando con Filippo nei vigneti adiacenti la casa padronale (36 ettari di cui 8 a viognier e 28 a syrah), dove il vecchio corso, quello dai vini “belli e pettinati“, è distinguibile attraverso sesti di impianto da 8500 ceppi per ettari (anno 1991) mentre l'”era Calabresi” prevede per i nuovi impianti una gestione più distesa arrivando a sesti non oltre le 4500 piante per ettaro.

Non solo, ma la voglia di sperimentazione, la sua esigenza di libertà e anche, vivaddio, di sbagliare senza troppi problemi, ha portato Filippo ad intraprendere un progetto tutto suo, chiamato DO.T.E. (Down to Earth), dove da un piccolo vigneto di circa 2 ettari, fuori dal corpo aziendale, di cimenta con la biodinamica in vigna e, in generale, con un’espressione enologica totalmente naturale e libera da vincoli, in modo tale che i vini prodotti (ad oggi produce un Viognier in damigiana, due Syrah rifermentati e due Syrah fermi), come scrive lui stesso nel sito, raccontino con spontaneità la loro ragion d’essere, al di là di protocolli e disciplinari di produzione, facendo leva sui cardini del progetto ovvero salubrità, eticità, quotidianità.

Sii come la fonte che trabocca e non come la cisterna che racchiude sempre la stessa acqua“(Paulo Coelho).

Tornando a Tenimenti D’Alessandro, nella casa madre i cambiamenti riguardano anche la gestione della cantina, dove per i vini più importanti, ad esempio Il Bosco, si sta sperimentando un protocollo di vinificazione, avviato nel 2015, che prevede l’utilizzo in fermentazione del grappolo intero che, secondo Calabresi, è molto funzionale all’aromaticità e all’energia del vino, mentre dallo scorso anno si sta collaudando anche l’adozione della tecnica del cappello sommerso (piemontesina), che tende a favorire una estrazione tannica di rara eleganza.

Lo stesso protocollo, per ciò che concerne l’affinamento, prevede poi la maturazione del vino per un anno in barrique usate per poi passare in botte grande da 32 hl per due anni ed, infine, 1 anno di affinamento in bottiglia prima di uscire sul mercato.

Assieme a Filippo, curioso dei riscontri, abbiamo degustato alcuni vini ancora non in commercio, veri e propri campioni di botte che, come vedremo, hanno generato ottimi spunti di riflessione. Eccoli.

Fontarca 2017 (100% viognier): prodotto fin dal 2007 è il bianco storico dell’azienda che proviene dalla vecchia vigna di viognier piantata nel 1991. Seppure giovanissimo questo bianco esprime carattere e solarità, sensazioni agrumate, vegetali e un corredo minerale di primissimo piano. Bocca piacevolmente intensa e dal delicato finale sapido.

Rosso 2016 (100% syrah): un tempo “Borgo Syrah”, rappresenta per certi versi il vino più anarchico dell’azienda. Già, non l’ho ancora scritto, ma l’evoluzione filosofica e stilistica di Tenimenti D’Alessandro è caratterizzata anche da un avvenimento importante, di forte rottura politica col passato, concretizzatosi con il recente abbandono da parte dell’azienda dalla DOC Cortona. La bocciatura dei campioni 2016 da parte della Commissione di assaggio della DOC ha portato Filippo a comunicare la sua decisione al Consorzio viste le troppe divergenze di visione rispetto alla cifra stilistica del Syrah di Tenimenti D’Alessandro che, grazie anche ai recenti cambiamenti climatici, Filippo cerca di interpretare in maniera più libera, fedele all’annata, senza dimenticare la bevibilità che troppo spesso viene messa in discussione con rossi ricchi di estratto e caratterizzati da elevato grado alcolico.
Dal mio punto di vista il vino non ha assolutamente difetti, anzi, la sua relativa trasparenza e la dinamicità sono fattori assolutamente vincenti per un vino, finalmente, di facile beva come deve essere Il Rosso.

Il Bosco 2014: questo vino, ancora in affinamento, è figlio di una annata non semplice che Filippo, nella sua prima vendemmia, interpreta al meglio delle possibilità donandoci un syrah molto fresco e, soprattutto, molto più “leggero” rispetto a quanto eravamo abituati col passato col quale, già da questo millesimo, si vogliono prendere le giuste distanze.

Cru 2015 (campione di botte): syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c’è 1/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero. Ad oggi il risultato è sorprendente, si sente la cifra stilistica di Filippo, la sua voglia di cambiare e alleggerire e, soprattutto, di far uscire vini già pronti ed espressivi.

Cru 2016 (campione di botte): syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c’è 2/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero. Ad oggi risulta meno limpido al naso rispetto al precedente ma al sorso si conferma decisamente più pronto e dinamico della 2015.

Cru 2017 (campione di botte): syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c’è 2/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero mentre al restante parte proviene da cappello sommerso. Vino strabiliante, leggiadro e luminoso che, a mio parere, rappresenta più di tutti il cambiamento in corso in azienda e, soprattutto, ciò che ha in mente Filippo Calabresi per il futuro!

 

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