Infuria una ridicola polemica sul “pedaggiamento” dei raccordi autostradali, palestra di un vuoto braccio di ferro politico che cerca di far sembrare un atroce salasso il pagamento di un euro a chi poi non batte ciglio se ne spende 10 tutte le sere per una pizza margherita. Ciò non toglie, ovviamente, che il balzello sia sciocco, inutile, iniquo e sostanzialmente impraticabile. Il perchè è spiegato qui sotto.

Sgombriamo subito il campo da ogni possibile equivoco: nell’Italia di oggi, in materia di tariffe, non ci sono schieramenti che tengano. Le chiacchiere e le polemiche sono solo propaganda, strumentalizzazioni di una politica malata impegnata in una vuota campagna elettorale permanente. E la questione del cosiddetto “pedaggiamento” (che orribile neologismo, una vera barbarie linguistica!) di certi raccordi autostradali non fa eccezione.
Quindi il colore di chi è al governo non conta. Le strade costano. Mantenerle pure. Le esigenze di sicurezza e il traffico costantemente crescente, frutto di antiche imprevidenze e di croniche carenze infrastrutturali, impongono continui investimenti e spese. Soldi che da qualche parte devono pur uscire, cioè dalle nostre tasche: o direttamente, sotto forma di pedaggi, o indirettamente, sotto forma di tasse. Quindi la faccenda potrebbe essere subito e apparentemente liquidata spostando il balzello dalla forma esplicita a quella implicita, così nessuno se ne accorgerebbe.
Ma la questione di questi giorni è, per termini e circostanze, particolamente subdola. E, non a caso, fa rumore, visto che cade alla vigilia dei grandi esodi. Quando sembra che pagare un euro in più per l’autostrada sia la premessa di un salasso, mentre lo stesso turista in pizzeria non si scandalizza di sborsare 10 euro per una margherita o per una caraffa di fetido vino della casa.
A proposito di raccordi parlo con cognizione di causa citando un caso esemplare, che potrebbe applicarsi a tutti gli altri sparsi per la penisola, a cominciare dal GRA di Roma: sono infatti utente abituale – quasi un pendolare – sia della tratta Firenze-Siena che di quella Siena-Bettolle, due tragitti a 4 corsie abbastanza simili. Ambedue piuttosto pericolosi (lo testimonia il numero di incidenti), ambedue privi di alternative sia su gomma che su rotaia (la linea ferroviaria è dell’800 e richiede un tempo di percorrenza più che doppio rispetto all’auto), ambedue molto utilizzati per gli spostamenti locali.
Ora, non conosco le statistiche sull’utilizzo delle due arterie ma, a occhio e croce, direi che per l’80% sono percorse dalla gente del posto o comunque delle provincie interessate e per il restante 20% da un traffico di più lunga percorrenza. Ne consegue che il “pedaggiamento” graverebbe quasi per intero sui residenti, cosa in teoria ingiusta, visto che per spostarsi nell’area appunto mancano le alternative.
Ma c’è un ma. Il pedaggio pensato dal governo non è un pedaggio tradizionale, con barriere e tariffe proporzionate ai km di asfalto utilizzato, bensì forfettario. E addebitato, poi, solo a chi esce dall’A1 tramite i caselli, rispettivamente, di Firenze Certosa e di Valdichiana. In pratica, uscendo dall’autostrada si paga il pedaggio normale più una quota fissa per l’uso (presunto) dei raccordi.
Prima contraddizione: così, uno che viene dall’A1 paga il forfait anche se poi non usa il raccordo.
Seconda contraddizione: chi viaggia da Bettolle a Firenze senza passare da un casello si fa invece tutti i 110 km gratis.
Terza contraddizione: se però devo andare, ad esempio, da San Casciano a Scandicci (circa 20 km), pago il forfait intero perchè devo passare comunque dalla barriera di Certosa.
Quarta contraddizione: se uno proprio volesse risparmiare il forfait, potrebbe lasciare l’A1 a Scandicci e raggiungere Certosa via città.
Quinta contraddizione: se si esentano dalla gabella i residenti delle due provincie, viste le percentuali di utenza, l’introito rischia di diventare risibile. Senza contare le complicazioni forse insuperabili nascenti dall’eventuale decisione di esentarli: come si pensa di “riconoscerli”? Dotandoli forse di un sensore ad hoc, facendo un casello dedicato con esibizione dei documenti, individuandoli dalla targa (e se io per caso viaggio con l’auto di un amico?)?
Insomma, mi pare un casino. Ma soprattutto una questione inutile, buona appunto per la propaganda politica, la cui soluzione è certamente molto più complicata dei benefici e dei disagi.
Alla fine quindi andrà così. Il governo, per trovare le “risorse” per i raccordi, sposterà la gabella dal pedaggio alla benzina o alle sigarette, così non se ne accorgerà nessuno. L’opposizione e i sindaci potranno raccontare all’elettore bue che è tutto merito loro e della durissima resistenza che ha piegato il ministro (come no!). Gli automobilisti continueranno a pagare con le loro tasche ma, ogni volta che transiteranno da Valdichiana e o da Certosa, penseranno compiaciuti allo scampato pericolo, contenti di averlo messo sotto la coda a qualcuno.
Ogni scarrafone è bello a mamma sua…