Il metaverso, hanno detto a BTO 2022, non è solo uno strumento di marketing, bensì una leva in grado di generare mercati paralleli in cui il turista è al contempo consumatore e testimonial.
Magari bisognerebbe farla finita davvero con la cultura del viaggiare, o ciò che ne resta. E separare una volta per tutte la nozione di viaggio, inteso come otium latino di coltura di sè, da quella – parimenti legittima, ma profondamente diversa – di vacanza come puro riposo, ricreazione, intrattenimento, divertimento, svago e perfino cazzeggio.
Oppure no?
L’anello di congiunzione in grado non dico di far coincidere, ma di far (ri)sovrapporre almeno in parte la classe dei viaggiatori e quella dei turisti, entità in apparenza ormai così distanti, potrebbe essere il metaverso. Ossia quel mix digitale di realtà virtuale e di realtà aumentata in cui il soggetto in carne ed ossa tende a scomparire dalla scena e ad essere sostituito da un sè-non sè il quale, un po’ per volontà propria e un po’ altrui, diventa membro di una comunità e titolare di un’identità liquida, funzionale ovviamente al mercato che tale liquidità ha generato e della quale esso stesso si alimenta.
Ho detto potrebbe, perchè il terreno è insidioso.
Cannibalismo turistico, come qualcuno che mi chiede di non essere citato lo ha definito. O una variante in digitale, privata cioè della componente chimica e se vogliamo un po’ romantica, del viaggio lisergico?
Sono interrogativi che ne fanno sorgere altri, sintetizzabili in un dubbio fondamentale: se la scriminante tra i due insiemi non risieda alla fine solo nel livello di consapevolezza e di capacità di discernere di cui è dotato chi utilizza lo strumento.
Ho cercato qualche risposta passando una giornata alla 14° edizione di BTO, la borsa del turismo on line chiusasi giorni fa a Firenze, che per tema dominante aveva appunto il metaverso. Il quale, nei padiglioni della Leopolda, ha in effetti soavemente aleggiato come una sorta di incombente parola d’ordine, di destino segnato, di comandamento messianico dell’industria delle vacanze di domani.
Prescindiamo per un attimo dai nuvoloni che si addensano sugli oligopolisti tecnologici del settore e pure sul significato più profondo del termine, insomma sulle sue implicazioni, diciamo così, filosofiche, restando saldamente coi piedi per terra del sano piano commerciale a cui, in definitiva, afferisce il salone fiorentino.
“Il metaverso è il simbolo dell’innovazione digitale – ha affermato in proposito il direttore scientifico di BTO, Francesco Tapinassi – e rappresenta quindi una grande opportunità per il turismo“. In quest’ottica, Tapinassi ha senza dubbio ragione: il “salto” da un sistema di ormai consolidata promozione on line a quello di un “marketing circolare” come il metaverso è – al netto di scenari sociali e tecnologici catastrofici improbabili, ma non per questo impossibili – di una portata enorme, sia in termini di efficacia, sia in termini di economicità delle azioni di propaganda messe in campo. Gli ha fatto eco Gualtiero Carraro di Carraro Lab: “Il metaverso è un nuovo canale di promozione, in grado di far vivere l’esperienza turistica prima di averla fatta e, una volta sul posto, di avere di essa un’estensione, ad esempio tuffandosi in un passato virtuale dei luoghi che già si stanno visitando“.
Posto in questi termini e in queste prospettive, il metaverso ha insomma tutte le sembianze dell’invenzione del moto turistico perpetuo: anzichè un costo, anzi un investimento necessario, la propaganda diventa anche un ricavo, cioè un prodotto che, venduto e utilizzato, genera esso stesso ricavi, in quanto “vende” destinazioni virtuali raddoppiandone, in sostanza, il mercato. Diventa un limbo a corrente alternata in cui il turista, invece di farsi trasportare, si fa vettore di altri turisti, i quali ne trasportano altri, all’infinito.
In questa direzione i grandi operatori del settore stanno già investendo massicciamente e le opportunità sono parecchie, a giudicare dai tanti panel di discussione dedicati a cui si è assistito durante la due giorni di BTO.
A proposito di panel, dobbiamo ammettere che non tutti mi sono parsi convincenti, a dire il vero, ma alcuni erano invece molto interessanti. Peccato che il format abbia quasi sempre rivelato uno strutturale punto debole: se la quasi totalità del poco tempo disponibile viene lasciata alla voce di relatori che, in quanto rappresentanti (si presume paganti o comunque cointeressati) di enti o imprese, anzichè parlare dell’argomento fanno un compitino di autopromozione senza offrire alcun reale contributo all’argomento del dibattito, poi non ci sarà modo nè minuti per approfondire i ghiotti temi annunciati dal titolo del convegno. Cosa che si è puntualmente verificata, almeno al termine degli incontri ai quali ho assistito io. Peccato.
Tornando al metaverso e alle sue affinità elettive col viaggiare, mi sono anche chiesto come esso, al si là degli annunci, sia compatibile con certi filoni trainanti del turismo di oggi, posti pure al centro delle travel strategies italiane presenti in massa a BTO. Filoni che, per la loro stessa natura, non possono prescindere dalla fisicità da cui invece, per definizione, il metaverso prescinde. Penso, ad esempio, ai comparti dell’enogastronomia, dei cammini, dello sport.
Il sospetto è che non ci sia compatibilità alcuna. E che, nei riguardi di questi, il sistema-metaverso sia costretto a regredire allo stato di mera leva di promozione on line. Non sarebbe un male in sè, ma solo un dato di fatto.
A meno che non si voglia assimilarlo a una sorta di variante odeporica della cucina postmolecolare: mangio qualcosa che ha la forma di una banana e il sapore di una bistecca, così faccio una doppia esperienza organolettica in un colpo solo.
Se così fosse, deriva esperienziale (scusate, il termine mi fa venire l’orticaria) della faccenda a parte, rimango dell’idea che mangiare e viaggiare alla fine restino cose culturalmente non fungibili col metacibo e il metaviaggio.
E, in questa logica, la ricerca presentata in BTO da Ipsos dovrebbe far pensare: l’enogastronomia infatti cresce tra le motivazioni che guidano la scelta della meta turistica (25%), in particolare per chi decide di fare le vacanze in Italia, paese in quarta posizione mondiale come brand grazie, specifica l’istituto, al suo mix tra bellezza naturale, qualità della vita e affidabilità. Anche l’export si conferma come elemento che genera attrazione turistica. Sempre secondo Ipsos, la scelta della destinazione passa ormai più spesso dall’on line, tra siti istituzionali (36%), blog e forum di viaggi (33%), social (13%). Il 52% degli italiani dichiara di prenotare in rete le proprie vacanze.
Ma quale meccanismo sovraintende o sovraintenderà alla prenotazione delle “metavacanza”?
Magari se ne parla alla prossima BTO, già annunciata per il 22 e 23 novembre 2023.