Dopo quarant’anni, il celebre ristorante bistellato di Colle Val d’Elsa si sposta in una struttura avveniristica costruità ad hoc alle porte del centro storico. Operazione che, al di là dell’aspetto imprenditoriale, sembra anche una sorta di testamento spirituale dello chef siculo-toscano.

 

La sensazione più netta è che Arnolfo The Frame, il nuovo ristorante di Gaetano e Giovanni Trovato aperto da qualche settimana, ma presentato ufficialmente oggi, non sia solo un’ulteriore avventura dello chef classe 1960, bensì una sorta di testamento spirituale. O, meglio, di ideale passaggio del testimone di un cuoco che da decenni è tra i protagonisti dell’alta ristorazione toscana e non. Punto di riferimento e pure scuola capace di rallevare nomi illustri, i cosiddetti “arnolfini“, spesso stellati, ora ben lieti di omaggiare il loro maestro.

Il suo messaggio al futuro Trovato in qualche modo l’ha anche confessato, presentando la brigata schierata dietro al bancone della cucina a vista (“una scelta che ha tante funzioni e non solo scenografiche“, ci ha detto. “Ad esempio serve a responsabilizzare tutti, a dare il meglio in ogni dettaglio sapendo di essere osservati“) e sottolineando che “questo locale, più che per noi, è per loro“. A cominciare dalla figlia Alice, nella circostanza raggiante.

Chi altro avrebbe dovuto farglielo fare, del resto, a un professionista famoso e affermato, sostenuto da un avviamento solido, di imbarcarsi in un’impresa gastroarchitettonica di queste dimensioni, costata tre anni di lavoro e un investimento senza dubbio ragguardevole, per non parlare dei guai diretti e indiretti portati dalla pandemia, con annessi e connessi?

Sì perchè The Frame – nome che fa esplicito riferimento all’enorme parete vetrata dell’edificio, costruito ex novo alla porte di Colle alta al termine di un laborioso iter burocratico e di una vera e propria operazione di cosmesi paesaggistica, in grado di offrire un colpo d’occhio abbacinante sulla città antica e la campagna, senza far affiorare nemmeno una delle tante magagne estetico-architettoniche che costellano la skyline valdelsana – non sembra e, probabilmente, non è un semplice ristorante. Ha tutta l’aria di essere una sorta di sogno realizzato, di labirinto concepito come un gigantesco e duraturo pezzo di oreficeria dove i committenti (e lo studio di architettura Milani, che ha firmato il progetto) si sono divertiti, senza alcuna economia, a incastonare il meglio del territorio: il pregiato marmo giallo di Siena (“altro che resina“, sembra che Gaetano abbia risposto a qualcuno che gli chiedeva dei materiali utilizzati), il travertino, il ferro, l’ottone e il legno modulati dagli artigiani, tutti rigorosamente locali.

Il compound è di mille metri quadrati, un parallelepipedo di cristallo semiaffondato nella collina, con tre cucine (una delle quali solo per celiaci), una cantina avveniristica e una distribuzione razionale degli spazi a servizio di meno di cinquanta coperti. “Per ora sempre pieni o quasi, anche a pranzo“, come ammette lo chef. Ma l’impresa pare davvero ciclopica. E le motivazioni ulteriori, rispetto a quelle più banalmente commerciali, le fa trasparire tutte.

Al momento della presentazione i fratelli Trovato, diciamolo, non hanno nascosto l’emozione e neppure la soddisfazione. Tanto meno la fatica patita per raggiungere il traguardo.

Ora la parola passa alla cucina che, assicurano i patron, non cambia stile.

Ma di questo parleremo solo dopo averla (ri)provata.

Intanto, in bocca al lupo.