Conclusa sabato la maratona dei vini toscani iniziata lunedì scorso. Finalmente ambienti e cornici all’altezza. Ma le vendemmie recenti si confermano modeste, nonostante la tendenza dei consorzi a dare “stelle” in libertà. A Montepulciano il 2008 è fiacco, a Montalcino il 2006 (“5 stelle”, appunto) delude. E per il 2010, 4 stelle al Nobile e un’altra volta 5 al Brunello. Mah…

 

Diciamo la verità. E stavolta con piacere: le anteprime dei vini toscani, cominciate lunedì scorso a San Gimignano e terminate sabato a Montalcino, sono andate bene.
Non tanto per la poco esaltante qualità generale dei vini presentati – tanti, troppi e troppo differenti per meritare un giudizio di massa, salvo forse l’impressione che la fase di grande transizione da uno stile muscolare a uno (diciamo così, per non offendere nessuno) più naturale sia ancora in corso e che l’operazione di maquillage faccia ancora intravedere molte cicatrici – ma per l’insieme “esterno”: organizzazione, linearità, logistica, praticabilità. Insomma rispetto al recente e anche recentissimo passato sono stati fatti notevoli passi avanti. Passi avanti che forse allontanano definitivamente le ipotesi di una futura “unificazione” fiorentina, vagheggiata anche quest’anno, almeno per le sessioni giornalistiche, delle degustazioni 2012.
Meglio così, in fondo.
A questo ritrovato assetto continuano a fare da contrappeso due zavorre. Da un lato la presenza di numerosi campioni da botte che, come ho già contestato in precedenza, tendono a mio a giudizio (e perciò non li degusto) a falsare il senso di questi eventi, proponendo prodotti non pronti, adatti a tasting di tipo tecnico ma non a eventi di presentazione come i nostri. Dall’altro la cronica tendenza alla manica larga (siamo buoni anche stavolta) delle commissioni incaricate di dare il voto alle annate: le 4 date al Nobile e le solite 5 date al Brunello per la vendemmia 2010 ci paiono, più che stelle, numeri. Sia detto con tutto il rispetto per il prestigio e l’autorevolezza dei giurati.
Vabbè…

Giovedì 17 febbraio è stato il turno del Vino Nobile di Montepulciano, che nei locali ristrutturati della fortezza pare aver finalmente trovato la sede giusta per l’appuntamento: climatizzazione, spazio, rete wireless, servizi, niente odori. Soddisfazione palpabile e risultati pratici ineccepibili, con indubbio godimento di tutti. Era ora.
Di scena l’annata e le selezioni 2008 nonché l’annata, le selezioni e le riserve 2007. In tutto 58 vini (di cui, ahimè, ben 27 da botte!), più una riserva 2006.
Quelli in vetro li ho assaggiati tutti, come sempre solo e completamente alla cieca. E mi accingo a scrivere queste note senza ancora, per maggior indipendenza di giudizio, aver abbinato i numeri ai nomi dei produttori. In pratica non so ancora cosa ho bevuto né chi c’era.
L’impressione finale ha rispecchiato le aspettative: il 2008 non è stata un’annata felice e gli effetti si sentono. A parte la preoccupante omogeneità cromatica dei campioni, che sembravano tutti fatti con lo stampino, ho trovato vini molto pronti ma corti, con poca profondità, profumi opachi e scarichi, piuttosto uguali l’uno all’altro, senza picchi né in alto né in basso. In definitiva, abbastanza mediocri. Decisamente un’altra musica con i 2007: vini molto eleganti, asciutti, a volte severi, ben strutturati, dai profumi molto intensi e dal gusto robusto ma mai (tranne in un caso) ruffiano.
La giornata si è conclusa con un’interessantissima verticale di Nobile dei Poderi Boscarelli, una delle poche aziende poliziane a poter mettere in fila una sequenza di vini come la seguente: 1979 (riserva), 1983, 1988, 1991, 1995, 1997, 1999 e 2001.
Inutile dire che ne è valsa la pena. Tra tutti il mio personale favore va alle annate 1991, vino di grande intensità e morbidezza, naso ampio e bocca ricchissima, e al sontuso 1995, vino di assoluto valore e complessità, perfetto equilibrio, capace di dare freschezza e contemporaneamente una straordinaria pienezza. Complimenti.

Bell’atmosfera anche il giorno dopo a Montalcino, nonostante qualche polemica sul caso del modificando disciplinare del Rosso. Anche qui grandi novità. Innanzitutto l’individuazione di un luogo arioso, ampio, illuminato e climatizzato come il chiostro del Museo di Arte Sacra, dover finalmente i giornalisti hanno potuto trattenersi a lungo e con calma. Poi la decisione, in controtendenza (per ragioni di spazio?) rispetto al Chianti Classico, di “separare” fisicamente l’area di degustazione da quella di incontro con i produttori, sistemati nel vicino Teatro degli Astrusi. Idea però, passatemi la banale battuta, tutt’altro che astrusa, perché ne ha guadagnato la tranquillità generale.
Quanto ai vini…mah! Solo di Brunello 2006 ce n’erano 143 campioni. Seguivano le Riserve 2005 e i Rosso 2009, oltre a Moscadello e Sant’Antimo.
Mi sono limitato ai 2006, assaggiandone (sempre completamente a caso e alla cieca) 55 per farmi un’idea del millesimo e poi altri 5 a richiesta per avere nomi rappresentativi. Devo dire in tutta franchezza di non condividere affatto né l’entusiasmo per le immancabili 5 stelle assegnate a suo tempo all’annata (“…una delle migliori di sempre”, si legge nei comunicati: boh!), né i giudizi a dir poco encomiastici rilasciati da alcuni famosi colleghi stranieri, che si sono sbilanciati distribuendo a piene mani votazioni oscillanti tra i 95 e addirittura i 100/100.
Al contrario, ho trovato il Brunello 2006 molto discontinuo. Un vino in piena transizione stilistica, con casi di campioni esageratamente pronti ed altri esageratamente acerbi, tutti o quasi uniformati però nel colore, quasi a lanciare al mercato un messaggio ben chiaro di rinuncia a certe fisionomie di un passato, scusate la malizia, adesso fin troppo precipitosamente abbandonato.
Sia chiaro: sarei bugiardo se dicessi di aver assaggiato prodotti del tutto mediocri perché, andando a riguardare gli appunti, scopro poi tra le carte molti voti lusinghieri, note interessanti, qualche sorpresa. Ma una cosa è, con aspettative normali, imbattersi in vini discreti e un’altra trovarne di buoni attendendosi però le scintille promesse. Forse, nel dare stelle e voti, bisognerebbe tornare alla pacatezza e all’equanimità che rispecchiano le naturali oscillazioni qualitative tra annata e annata e tra produttore e produttore, senza spiccare giudizi di massa destinati a naufragare sulla realtà di troppi produttori e di troppi vigneti piantati talvolta nei terreni sbagliati.

In un futuro post il dettaglio di TUTTI i voti che ho dato ai vini assaggiati.